di Gabriele Versari – I Rolling Stones hanno trascinato un’intera generazione di giovani e non solo nel vortice del loro sfrenato Rock’n’roll, unendoli nella passione per la musica contribuendo alla formazione di un vero e proprio movimento socioculturale che nei turbolenti Anni Settanta promosse un cambiamento atteso ormai da decenni. Un genere musicale che però è ormai considerato arcaico e obsoleto, se non addirittura “morto” e rinnovato soltanto in casi estremamente isolati e da gruppi di nicchia. Ne deriva dunque una Generazione Z (cioè quella composta da tutti coloro nati dalla metà dell’ultimo decennio del secolo scorso fino agli Anni ‘10 del Duemila) lontana dalle corde musicali dei fasti dell’epoca d’oro del rock, che apprezza maggiormente pop e hip-hop, con tutti i sottogeneri del caso (musica indie e alternative).
Ma le regole divengono tali se è possibile dedurne delle eccezioni. È il caso di Lorenzo Polverini, giovane bibbienese classe 2001 con una passione sfrenata non solo per Mick Jagger e compagnia, ma per tutto il comparto musicale rock Anni Settanta/Ottanta.
Lorenzo come sei riuscito a coltivare questo particolarissimo gusto musicale vista la distanza temporale che intercorre tra la tua nascita e il periodo in cui questo genere ha raggiunto il picco di ascoltatori in tutto il mondo? «Grazie al web è possibile ascoltare con facilità i brani che desideriamo quando lo desideriamo; dunque, partendo da questo presupposto, chiunque può scegliere di dedicarsi ad un ascolto “mirato” e costruirsi una propria cultura musicale. È ciò che ho fatto io, anche se quando ho iniziato ad interessarmi di musica rock internet era ancora agli albori del suo sviluppo. Tutto è iniziato quando, da piccolo, mio padre mi introdusse in questo fantastico mondo fatto di assoli di chitarra, band composte da personaggi dalle folte chiome e sregolatezza. Avevo circa otto anni. Attraverso un ormai definibile ‘preistorico’ lettore MP3 era solito farmi ascoltare tutti gli artisti la cui popolarità esplose durante quel magico periodo storico, in cui ognuno riusciva a portare alla composizione brani di una creatività e diversificazione a parer mio mai più superate. Un’influenza fortissima, che ha plasmato i miei gusti musicali in maniera determinante. Coltivando l’ascolto per diversi anni, ai sedici finalmente egli decise, per la prima, di portarmi con sé ad un concerto dal vivo. Per me fu un vero e proprio “crocevia”. Proprio il loro concerto dal vivo: Lucca, 23 settembre 2017; durante il Lucca Summer Festival (evento a tema musicale che si svolge ogni anno nella città Toscana), sotto le mura lucchesi, Mick Jagger, Keith Richards e Ronnie Wood si esibiscono in un luogo storico per la città e celebrano così la tradizione medioevale e rinascimentale della nostra regione davanti a 70mila spettatori, unendo il suono di chitarra, basso, batteria e voce alle opere storico-culturali e dando così vita ad evento dalle sensazioni poliedriche e uniche. Un concerto già preceduto da un’attesa incredibile, che definirei leggendario e di cui ricordo tutt’oggi le sensazioni. Fu, com’è intuibile, un colpo di fulmine. Di lì in poi iniziò “un viaggio” che quest’anno raggiungerà presumibilmente il suo apice con il concerto in New Jersey a cui prenderò parte».
Mentre racconta il concerto di Lucca, Lorenzo si sofferma a parlare di un tema specifico ed esprime una posizione netta, lamentando di come la musica odierna stia intaccando la “purezza” originale del rock portata avanti nei primi anni di svolgimento del Festival per poi essere sostituita da artisti aventi, secondo lui, scarse qualità musicali, riferendosi soprattutto a quelli rap e trap.
«Sono dell’idea che la musica possa e debba essere di qualsiasi genere e il più varia possibile. È però obiettivo come si sia passati da una musica definibile realmente arte, nel senso proprio del termine, a brani composti con un unico obiettivo, quello commerciale e del profitto. Di conseguenza è ovvio che si presenti un venir meno della dedizione che gli artisti ponevano verso lo strumento e la voce e si crei disinteresse nei confronti della musica in generale e della sua storia. Basti pensare alle canzoni che si è riusciti a comporre in quel periodo, idee che sarebbero inconcepibili ai giorni nostri, viste la ricercatezza delle strumentali e la poetica dei testi. Citando Keith Richards, che descrivendo la musica odierna la definì “rami secchi di un albero già morto”, intendo sollevare la questione che di fatto vede oggi un ambiente musicale alle corde, se non per rare eccezioni, rispetto ai decenni precedenti in cui era possibile riscontrare una qualità musicale mai più raggiunta, secondo la modesta opinione di un ragazzo poco più che ventenne».
Puoi raccontarci dei concerti a cui hai assistito e quale sia la tua opinione sugli eventi musicali dal vivo in generale? «Vorrei sottolineare come la musica rock trasmetta delle sensazioni completamente diverse dal vivo. È infatti possibile assistere a improvvisazioni di riff e di assoli, testimonianza stessa della maestria e del virtuosismo nell’utilizzo della chitarra elettrica. Avendo vissuto tantissimi concerti in prima persona, posso affermare senza ombra di dubbio che si tratta di un’esperienza affascinante e spettacolare. L’atmosfera percepita già al di fuori dello stadio o dell’arena dove si svolgerà l’evento è unica. Provoca delle emozioni paragonabili a quelle del concerto stesso. Inoltre, è una norma incontrare persone che condividono la stessa passione per il genere. Al concerto di San Siro dei Rolling Stones feci amicizia con due fan statunitensi; a Madrid venni fermato in continuazione mentre camminavo per le vie del mercato centrale, non appena i passanti notavano la t-shirt con l’iconico logo della linguaccia. Concepisco il concetto di live non solo come il concerto in sé, ma comprendente anche di tutto il contorno ambientale che lo caratterizza. Ho assistito ad oltre trenta concerti di rock band e artisti rock anni Settanta/Ottanta, svoltisi in Italia e in Europa (la maggior parte delle volte ho presenziato i concerti da solo; ritengo, infatti, che sia il miglior modo di godersi un evento live se sei un vero appassionato).
Insieme ai Rolling Stones, ho avuto la fortuna e il piacere di godermi le esibizioni dal vivo di: Roger Waters (voce e basso dei Pink Floyd), i Kiss, Bruce Springsteen, gli Who, i Deep Purple, i Jethro Tull, Bob Dylan, Robert Plant, Sting (frontman dei Police), la Premiata Forneria Marconi. Oltre ai solisti e ai gruppi elencati ho partecipato ai concerti di tre rock band dalla più recente genesi: i Muse e i Green Day, decisamente note; i Greta Van Fleet, gruppo statunitense di recentissima formazione e che riprende gli stilemi della musica progressive Anni Settanta/Ottanta. Per ciò che concerne gli Stones, dopo la data di Lucca sono stato presente anche ad un altro concerto del No Filter Tour, per la precisione a Twickenham, nella periferia londinese (2018). Nel 2022 ho proseguito con il Sixty Tour, inaugurato in occasione del sessantesimo anniversario della band. Durante l’estate di quell’anno ho preso parte a quattro concerti svoltisi in quattro città in giro per il continente: mi sono spostato dallo stadio Wanda Metropolitano di Madrid al suggestivo palcoscenico di Anfield, a Liverpool; dalla scala del calcio, lo stadio San Siro a Milano fino a Berlino, tappa di chiusura indimenticabile svoltasi presso il Waldbuhne, teatro dell’Olympiapark Berlin, principale sito sportivo della capitale tedesca.
Quando mi chiedono perché assistere a quattro concerti dello stesso tour rispondo con due sole parole: pura passione. Se avessi la possibilità, non salterei neanche una data. Ritengo, infatti, che ogni luogo abbia il suo fascino e ogni contesto faccia sì che la singola esibizione sia percepita in maniera differente, di fatto unica. Come anticipato, quest’anno coronerò un sogno: assistere ad un concerto degli Stones negli Stati Uniti. Per la precisione, il live si svolgerà il 26 maggio ad East Rutherford, piccolo comune nella Contea di Bergen, New Jersey, a circa mezz’ora da New York. L’esibizione prenderà luogo in uno stadio di football americano da 100mila posti. Prima di accaparrarmi i biglietti, sono stato davanti al PC per cinque ore consecutive, vista la grande affluenza di utenti che ha causato il tilt del sito e-commerce. In tre giorni le due date dello stadio sono andate entrambe sold out. Ciò significa 200mila biglietti venduti in 72 ore. Con così tanti partecipanti sono sicuro che lo stadio sarà una bolgia e l’evento sarà indimenticabile!».
Infine, un’ultima domanda, è possibile coinvolgere anche le nuove generazioni nella passione per il rock “puro”? «Per quanto mi riguarda, l’elemento fondamentale che ha permesso alla passione di sbocciare e perdurare dentro di me sino ad oggi sono state le storie insite dietro ogni strumento, ogni testo, ogni band. L’interessamento a queste tematiche nutre la mia curiosità e spinge la mia devozione verso questo genere a rinnovarsi ogni volta sempre di più. Forse la chiave è proprio questa: non interessarsi solo alla musica. Per me non è solo musica. Il rock è un’attitudine, un vero e proprio stile di vita. Il rock è cultura».