di Elisa Fioriti – Non avranno incontrato feroci ciclopi, maghe ammalianti, sirene o creature mostruose d’ogni sorta, ma quasi quanto il leggendario re di Itaca, di cui hanno adottato sia il nome sia la filosofia di viaggio, i casentinesi (d’origine e d’adozione) del gruppo “Ulisse in…”, da un’idea di Lorenzo Lori, si sono imbarcati, in sella alle loro biciclette, in una miriade d’avventure, alla scoperta delle meraviglie che la penisola ha da offrire… Li abbiamo incontrati, curiosi, inseguendo virtute e canoscenza.
Quando è nato il vostro gruppo? «Così come oggi è strutturato nel 2007, ma la maggior parte di noi si frequentava da prima: nel tempo libero andavamo in bici insieme. Lorenzo Lori, lui che ha girato un po’ il mondo, anche a piedi e a cavallo, pensò bene d’intrecciare le passioni che ci accumunavano, quella per il viaggio e quella per la bicicletta, eleggendola mezzo esclusivo delle future escursioni e trasferte del gruppo».
Cioè viaggiate spostandovi senza usare altro mezzo che non sia la bici? «Praticamente sì: è la bici che dà forma al viaggio e ci permette di visitare luoghi d’interesse naturalistico o storico-artistico, percorrendo l’Italia in lungo e largo, entrando in contatto con realtà diverse, conoscendo persone, culture, tradizioni locali… su strada come a tavola, perché siamo tutti buongustai! Ci piace il buon cibo, lo stare in compagnia, sempre aperti a nuove esperienze».
Che tipo di biciletta utilizzate? «Da un paio d’anni il gruppo ha sostituito le precedenti bici da viaggio con le Gravel Bike, termine tecnico che, tradotto, sta a indicare le “bici da ghiaia”, una tipologia ultimamente di moda fra i cicloamatori. Si tratta, infatti, di biciclette poliedriche, con un’impronta da corsa (si raggiungono velocità sui 45 km/h), ma dotate di caratteristiche che le rendono adatte a solcare varie pavimentazioni: da strade con fondo compatto a strade non asfaltate, sentieri di montagna, accidentati, finora accessibili solo alla Mountain Bike. In sella alle Gravel, riusciamo a tenere una media giornaliera di 150 km al giorno, arrivando a percorrerne dagli 8.000 ai 10.000 l’anno! E non siamo limitati nella scelta di itinerari e tragitti. Ovviamente per l’attività del gruppo è essenziale che ciascuno disponga dello stesso tipo di bici: resta a nostra discrezione l’acquisto di un modello piuttosto che un altro, pur privilegiando quelli la cui manutenzione è più semplice da gestire, per eventuali riparazioni “fai da te”».
Perché? Che imprevisti vi sono mai capitati? «Ogni viaggio che intraprendiamo in biciletta è concepito e vissuto come un’avventura. Ne organizziamo dai cinque agli otto l’anno, secondo gli impegni e l’entusiasmo che c’è nel gruppo di partire, cercando di essere almeno una decina dei quattordici che in totale siamo; si resta fuori casa due-tre giorni, cinque al massimo. Le sorprese, dunque, e sì, gli imprevisti, metereologici e tecnici soprattutto, ci hanno messo non di rado alla prova. Come successe nel novembre 2017, durante il viaggio da Pompei al Cristo Redentore di Maratea, costeggiando la Penisola Sorrentina e la Costiera Amalfitana fino a Sapri: eravamo sul far della sera in una zona di montagna, oltre mille metri sul livello del mare, quando a uno di noi si ruppero tre razzi della bicicletta!».
Come avete risolto? «Be’, a parte l’aver deciso di non viaggiare in tenda, durante gli spostamenti noi ci portiamo dietro tutto, proprio tutto l’occorrente: abbigliamento sportivo, vestiti da uscita serale, prodotti personali… nonché una gamma d’accessori, strumenti, pezzi di ricambio, per non trovarsi impreparati in casi d’emergenza. Peccato che quella volta mancasse giusto la chiave per aggiustare la bici! Fortunatamente lì vicino c’era un gruppetto di case: tramite passaparola, siamo stati guidati da una signora, sola con un figlio, il cui marito faceva il meccanico, che ci ha gentilmente messo a disposizione l’officina dell’uomo. Siamo ripartiti, arrivando a Palinuro a mezzanotte. Ma quante altre ne sono successe! Copertoni lacerati, gomme scoppiate, falle riparate con ritagli di stoffa… Abbiamo sviluppato, in anni d’esperienza on the road, la capacità di adattarci alle situazioni più critiche e improbabili, un’arte d’arrangiarsi, con spirito di squadra, che ci dà piena libertà di viaggiare, perché sappiamo essere autosufficienti».
Senza pullman d’appoggio, come riuscite a trasportare i bagagli per trasferte tanto lunghe? «Le borse sistemate sulle nostre bici (quando in Casentino ancora nessun gruppo di ciclisti non professionisti era solito usarle) ci sono valse il soprannome di “Postini”! Costantemente siamo alla ricerca delle migliori soluzioni per il trasporto dell’attrezzatura: ci siamo persino progettati dei sistemi di supporto per borraccia, cellulare, navigatore, luci… sfruttando gli spazi. E non dimentichiamo gli altoparlanti per la musica: alla partenza, ascoltiamo, cantandolo in coro, l’Inno di Mameli».
Oltre alle borse “da postino”, cosa vi caratterizza? «La divisa: sia quando pedaliamo sia nei momenti di svago, grazie a Lorenzo Lori che fa da sponsor, indossiamo maglie uguali, con la bandiera italiana e al centro il nome della valle, per valorizzare, ovunque andiamo, il nostro territorio. Anzi, stiamo pensando di farci una divisa con il panno Casentino. E come nelle divise vere sulle nostre magliette ci sono le mostrine, perché il gruppo ha voluto darsi un’organizzazione militare, con gradi e ruoli assegnati su elezione: capitano, tenente, appuntato, soldato semplice… In viaggio, specie nei momenti di stanchezza, serve qualcuno che prenda le decisioni. Abbiamo anche un medico, con il simbolo della croce rossa sul braccio… e la scritta “Veterinario” per la tenuta in “borghese”».
Non guasta un po’ di goliardia, no? «Siamo amanti dello scherzo in stile Amici miei. Che risate quando a Noto, in Sicilia, ci si presentò la sera al ristorante come conoscenti del vescovo della diocesi locale, che ha sede nella stupenda cattedrale della città: in molti si trattennero con noi a chiacchierare e farci racconti! A San Daniele del Friuli, invece, ci fingemmo un gruppo di alpini (solo uno di noi lo è davvero), finendo con l’essere invitati nella sezione del paese, dove ci raggiunsero una ventina di ex-combattenti a far festa».
Stabilite la meta di un viaggio secondo criteri precisi? «Le idee nascono letteralmente strada facendo: le abituali pedalate in zona del fine settimana sono un momento di confronto e scambio d’opinioni. L’itinerario di viaggio che lo scorso novembre ci ha condotto attraverso cinque laghi del Centro Italia (Trasimeno, Bolsena, Corbara, Vico, Bracciano), riportandoci in Casentino lungo il sentiero ciclopedonale del Canale Maestro della Chiana, lo abbiamo stabilito insieme a un professore ordinario di Fisica dell’Università “La Sapienza” di Roma, che viene in biciletta col gruppo sebbene abiti fuori: è stato lui a scortarci in una solfatara attiva vicino Bracciano, corredando la traversata delle sue spiegazioni. Mentre per il viaggio d’aprile da Ravenna a Venezia seguendo la diga foranea, raggiungendo uno dei più antichi insediamenti nella parte settentrionale, selvaggia, della laguna, prima di far tappa ad Abano Terme, ci ha dato spunto un servizio televisivo. Altre volte ci lasciamo ispirare dai film: Benvenuti al Sud per il viaggio a Maratea. Quest’anno, poi, in occasione della nomina a capitale europea della cultura, vorremmo andare a Matera, ripercorrendo dal Cristo Redentore il tragitto dei protagonisti di Basilicata coast to coast, film di Rocco Papaleo. Comunque, in genere prediligiamo percorsi alternativi, secondari, sentieri nascosti: quelle “Strade zitte”, dismesse, sperdute fra paesaggi suggestivi, libere dal traffico motorizzato. È la SSD “Turbolento” che le censisce, proponendo un turismo ciclistico slow. Abbiamo stretto contatto con loro due anni fa, condividendone la filosofia e partecipando alla “Chase the sun”, una traversata non competitiva, ispirata a un format inglese, che nel giorno più lungo dell’anno vede i partecipanti pedalare per 275 km, da Cesenatico a Marina di Pisa-Tirrenia, sul litorale opposto».
Propositi di recarvi all’estero? «Siamo stati in Europa: da Passau in Germania a Budapest, lungo la ciclabile del Danubio; in Francia a Nizza e in Austria a Vienna, con andata in pullman e ritorno in bici… Ma avendo accolto nel gruppo un amico danese, che trascorre metà dell’anno in Casentino, ci piacerebbe farci accompagnare in Danimarca. Altre probabili mete sono la Corsica e la Croazia, traghetto da Ancona e risalita della costa fino a Trieste. Sennò, restando in Italia, l’Isola del Giglio: sfida a coppie…».
Cioè? «Il piano sarebbe partire da qui, proseguendo sull’itinerario pattuito marcandone le tappe, arrivando all’isola in tempo per l’ultimo traghetto della sera, sostare per la cena e la notte in un agriturismo di nostra conoscenza, ripartendo la mattina dopo e rientrando a casa senza separarsi dal compagno. Totale? 500 km in due giorni! Passeranno pure gli anni, però il gruppo resta propositivo e intraprendente. E fondamentalmente ci auguriamo che le persone scoprano e imparino ad apprezzare la bellezza che questo modo di vivere, anzi condividere il ciclismo racchiude in sé».
(tratto da CASENTINO2000 | n. 305 | Aprile 2019)