di Marco Alterini – Ci sono persone che amano le cose vecchie, d’epoca, antiche e non parlo dei collezionisti, ma di coloro ai quali queste cose risvegliano emozioni legate alla loro infanzia, ai loro ricordi anche ancestrali, oserei dire a una memoria insita nel loro DNA. Queste persone sono per me dei “custodi della storia” che, grazie alla loro passione, arricchiscono tutti noi di una memoria che ci riporta con i piedi per terra e a quella terra dalla quale proveniamo, cioè alle nostre origini di uomini fatti di ossa e carne, non di microchip e realtà virtuale.
Alvaro Paperini, pressoché mio coetaneo, già conosciuto nella nostra vallata per la sua passata attività di falegname a S. Martino in Tremoleto e apprezzato soprattutto, guarda caso, per la realizzazione di mobili in stile antico, dove già si notava un approccio artistico, amante delle cose genuine; decide un giorno insieme alla compagna Monica, di farsi il pane in casa cominciando dal principio della filiera, cioè utilizzando grano locale e realizzando in proprio trebbiatura e macinatura. Per fare questo Alvaro e Monica, che hanno sempre condiviso questi desideri, acquistano dei primi vecchi macchinari agricoli d’occasione e qui scatta la passione per questi oggetti della nostra storia agricola, insieme alla voglia di contornarsi di mezzi sempre più vecchi e antichi e, dopo averli restaurati fino alla piena efficienza, di allestire una collezione che è un vero e proprio museo.
Arrivo a S. Martino insieme a Massimo, direttore di questa rivista, e ci viene subito incontro un sessantenne giovanile, alto e dinoccolato, con il viso da ragazzo e lo sguardo da sognatore visionario, appunto Alvaro Paperini, che dopo le dovute presentazioni, ci conduce all’interno di un vasto capannone dove, nonostante la descrizione che Alvaro mi aveva fatto prima di quella visita, rimango stupito dalla moltitudine di mezzi stipati in quel luogo, a riempire tutto il piano terra e il grande ballatoio, mezzi tutti lucidi e riverniciati di fresco e, soprattutto, tutti funzionanti, come ci dimostra il nostro anfitrione mettendo in moto qualche vecchio trattore e vetusta trebbiatrice, che parte grazie alla forza motrice del trattore, mediante la trasmissione di una lunga cinghia.
Ricordo oggetti di fine ‘800 come una trebbia manuale, trattore Ferguson del 1929, testa calda del 1953, sempre vecchi trattori Fiat, OM e Landini, una vecchia falciatrice costruita sul telaio della Jeep Willy della seconda guerra mondiale, infine ricordo che in mezzo a questa incredibile, per numero e varietà, vastità di oggetti, di essere rimasto colpito da un motore a vapore per trebbiatrice fabbricato in Inghilterra e perfettamente funzionante, che il Paperini mette in moto grazie all’aria di un compressore, non essendoci il tempo per attivare la caldaia a vapore.
Sempre Alvaro mi racconta delle avventure vissute per reperire tutto quel materiale, come un trattore Ferguson del 1935, che da almeno trent’anni vedeva arrugginirsi in un campo a Pelago tutte le volte che si recava a Firenze e, dopo le difficoltà occorse per acquistarlo, toglierlo di lì e trasportarlo a S. Martino, è oggi restaurato, riverniciato e funzionante. Da ricordare anche la trebbiatrice, reperita in S. Donato di Pratovecchio, per la quale, causa la notevole altezza, era stato necessario alzare con una ruspa il tetto della capanna dove era stata collocata, tetto che nel frattempo si era abbassato. Sempre a causa dell’altezza non era stato possibile trasportarla con rimorchio e si era dovuto trainarla, nonostante le ruote in ferro senza gomma e questo alle 4 di notte. Notando il mio stupore Alvaro mi guarda, sorride e mi dice: «A me e Monica piace questo percorso a ritroso, ritrovare le radici di una vita sana e nonostante tutto serena, rende serenità».
Il museo di Alvaro e Monica, che loro chiamano “Piccolo Mondo Antico”, è sempre aperto per gli amici, ma è veramente un peccato che non sia aperto al pubblico, del resto non possiamo pretendere che loro, dopo tutte le fatiche e gli sforzi, anche economici, fatti per approntare tutto questo, possano an-che adempiere alle normative e ai relativi investimenti per trasformarlo in un vero e proprio museo pubblico. Sempre con il consenso di Alvaro e Monica, penso ci sarebbero i presupposti per un intervento di un ente pubblico o privato, anche di entrambi in sinergia, per finanziare un progetto che renda fruibile a tutti questa ricchezza di memoria agricola e storica, tutti abbiamo bisogno di riscoprire le nostre radici, per ritrovare quei valori che ci consentano di affrontare un futuro che appare sempre più incerto.