di Melissa Frulloni – È successo per caso, navigando in rete e leggendo, qua e là notizie sul sito de Il Fatto Quotidiano, di venire a conoscenza di un progetto molto interessante che riguarda, in parte anche la nostra vallata, ma che, soprattutto, cerca di trasmettere un messaggio forte, in un epoca in cui permettiamo che una donna e un bambino muoiano abbracciati in fondo al mare, senza che nessuno batta ciglio, in un giorno qualunque di ottobre…
Pratomagno è la bella scoperta che abbiamo fatto. Il nome è lo stesso del monte che guarda il Casentino e il Valdarno, ma qui è stato utilizzato per battezzare un film, girato tra i suoi boschi e i piccoli borghi ormai quasi del tutto disabitati.
La scelta di girarlo proprio in Pratomagno è partita da MACMA (macma.it), associazione impegnata culturalmente sul territorio e casa di produzione del film. È poi toccato ai registi Gianfranco Bonadies e Paolo Martino vincere “la sfida di raccontare la “montagna”, intesa come il Pratomagno, lasciandoci carta bianca sulla storia e sull’approccio da utilizzare.” Ci ha spiegato Gianfranco.
Il Pratomagno è stato scelto dopo una serie di lunghi sopralluoghi, dopo aver girato la montagna, conosciuto i suoi abitanti e studiato la sua storia. “La scintilla che ha dato il via a tutto è stato l’incontro con i protagonisti, l’esempio giusto nel posto giusto per poter raccontare quel luogo e di riflesso parlare dell’oggi trascendendo dal tempo.” Ha continuato Gianfranco.
In Pratomagno i due registi seguono l’amicizia dei due protagonisti Sulayman, un giovane pastore gambiano e Alberto, un bambino. “I due si sono incontrati sulla montagna del Pratomagno e hanno dato spontaneamente vita ad un’amicizia in uno stato di natura che trascende le avversità del mondo sottostante, con cui dovrà necessariamente scontrarsi. Osserviamo il tutto attraverso gli occhi di Alberto da grande, durante un suo ritorno a casa, attraversando il mondo che noi, abitanti del presente, gli abbiamo lasciato in eredità.” Ci ha spiegato Gianfranco.
“Nella storia abbiamo inserito anche l’azienda agricola, in cui Sulayman fa il pastore. Con “Capre Diem” è stato amore a prima vista, perché loro hanno riportato in Pratomagno un’attività che si era praticamente estinta. In passato la montagna viveva di pastorizia, ma dagli anni ’60 lo spopolamento a favore delle città ha lasciato i piccoli borghi montani abbandonati e fare il pastore è diventato un mestiere per pochi e poi per nessuno. I ragazzi di “Capre Diem” hanno riportato le pecore in Pratomagno e hanno incontrato Sulayman che ha iniziato a collaborare con loro.”
A proseguito Paolo che è rimasto per ben due settimane nell’azienda agricola per conoscere meglio i personaggi del film, gli ambienti, per comprenderli da vicino ed integrarsi nella vita che loro conducono ogni giorno. Ha anche portato fuori il gregge da solo ed è stata per lui davvero una grande esperienza di vita, come ci ha raccontato: “L’ultimo giorno abbiamo deciso di andare al fiume. Lì girai alcune scene con il mio telefonino di Sulayman e Albertino in acqua. Appena la produzione le vide, rimase davvero colpita! Loro erano il soggetto giusto per questo film…”
Quale è il messaggio che vuol trasmettere Pratomagno?
Paolo: «L’idea è quella di raccontare una sorta di occasione persa. In quella montagna stanno avvenendo delle cose che parlano a tutto il mondo! Lassù c’è un ritorno ad una vita libera e autentica, con persone che non badano assolutamente alle origini, alla provenienza geografica… Vivono in una comunione quasi perfetta, armonica con la natura. La valle e la montagna qui rappresentano un simbolo… A valle tutti sono intrappolati in discussioni sterili; un’amicizia come quella tra Sulayman, pastore gambiano e Albertino, un bambino, non sarebbe stata assolutamente possibile! Da lassù a noi, però è arrivato un eco di speranza. Ci piaceva raccoglierlo e farlo conoscere. Dobbiamo necessariamente ascoltare la natura, tornare a ritmi più lenti, legati alla terra. In Pratomagno il messaggio ecologico è sicuramente molto forte, perché è necessario che ci rendiamo conto che abbiamo fatto un passo folle nel considerarci qualcosa di diverso dall’ambiente. Per noi è stato bellissimo entrare in contatto con tutto questo e trasmetterlo al pubblico, ma resta comunque l’amarezza nel constatare che il resto del mondo va in un’altra direzione e che, soprattutto, osteggia dinamiche di questo tipo.»
Gianfranco: «L’amicizia che raccontiamo è realmente quella che si può vedere nel girato: due persone, che seppure lontane per un’importante differenza di età (21 anni l’uno e quasi 4 l’altro), condividono molte cose. Le lunghe passeggiate al pascolo con le capre, i pomeriggi di estate al fiume, il tempo insieme ad amici e familiari o alla gente delle comunità vicine… Aldilà della facile retorica l’amicizia di Sulayman con Alberto, la sua vita, il lavoro e il tempo trascorso sul Pratomagno ci ricordano che siamo umani prima di tutto e che è una tristezza che ci sia bisogno di esempi per ricordarcelo. Io mi sono occupato anche delle animazioni e come sempre è stata una battaglia divertente e motivante per via delle lunghe sessioni di lavoro. Lo scopo era dar vita ad un oggetto organico, capace di comunicare. In Pratomagno la responsabilità più grande è stata quella di dare un pensiero futuro ad un personaggio che oggi è un bambino. Ho sempre avuto paura di avere la presunzione di dare una voce, delle idee o un pensiero a un’entità pura come un bambino ritraendolo da grande. Nel film abbiamo utilizzato il suo sguardo come filtro per far capire allo spettatore come vede Alberto… Come percepisce la montagna, il presente e il suo rapporto con Sulayman. Così abbiamo alternato scene girate dal vivo alle mie animazioni.»
Pratomagno ha appena cominciato il suo viaggio per i festival italiani… É stato proiettato a Milano durante il festival di documentario “Visioni dal Mondo” e recentemente al “Perso, Perugia Social Film Festival” di Perugia dove ha vinto il premio “Jail Short”, conferito da una giuria di detenuti. Al momento, l’unico modo per poterlo vedere è partecipare ad una proiezione in uno dei festival. Per quelle future potete informarvi sulle varie pagine facebook; in quella di MACMA (@macmassociazione), in quella del film (@pratomagnoilfilm) e in quella dei due registi, Gianfranco Bonadies e Paolo Martino.
Il film è stato interamente girato in Pratomagno e nel borgo di Anciolina, sul versante valdarnese. Paolo ci dice che in realtà la troupe ha trascorso poco tempo sul lato del Casentino. Una giornata però l’hanno passata a Poppi, nella Biblioteca Rilliana dove hanno potuto consultare l’importante archivio locale. “Siamo venuti a conoscenza di persone veramente straordinarie e disponibili e abbiamo avuto la possibilità di toccare con mano la caparbietà di un territorio che non vuole dimenticare la sua storia e la sua identità. Avendo visto con i nostri occhi gli effetti dello spopolamento dei comuni montani avvenuto dopo il boom economico, quello di volere mantenere viva la memoria delle cose che furono è un nobile esercizio che dovrebbero fare tutti! Credo che avere una giusta visione del passato, di quello che è stato, sia la base per comprendere in modo corretto il presente.” Ha concluso Paolo.
L’eco che dal Pratomagno è arrivato fino a Gianfranco e Paolo dovrebbe risuonare nella testa di ognuno di noi! Dovremmo percepirlo forte soprattutto noi casentinesi che abbiamo la fortuna di averlo proprio sulla nostra montagna… Un esempio che parte da qui, dal nostro angolo di Toscana, per ricordare al mondo quanto un’altra via sia possibile. In Pratomagno Sulayman e Albertino ce l’hanno fatta e fa una certa tristezza essere a “valle”, passivi spettatori del loro rapporto. Ma con la volontà raggiungere la “montagna” non è difficile!
È poco lontano da noi; per arrivarla servono solo le scarpe giuste e una mappa che ci indichi la strada da seguire nel bosco, dove tutto si uniforma ed è facile perdersi. Restare a valle è più comodo, non richiede sforzi, ci permette di vivere in una safe zone dove conosciamo tutto e tutti e dove le etichette ci aiutano a sprofondare nei pregiudizi. Prima della partenza però munirsi di volontà, è la guida più brava e sicura che c’è!
(tratto da CASENTINO2000 | n. 312 | Novembre 2019)