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giovedì, 10 Aprile 2025

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Preghiera per Chernobyl

Una grande occasione di capire la tragedia di Chernobyl e la disfatta del mondo comunista in un racconto che sa restituire con implacabile fedeltà le voci e i sentimenti delle persone coinvolte in un dramma che non ha eguali nella storia contemporanea, con la regia di Massimo Luconi, uno spettacolo unico, che si apre con grande disponibilità alla partecipazione della comunità casentinese, per capire i risvolti, anche con il “dietro le quinte” di un opera di grande peso culturale (Nobel 2015) che mette in risalto le gravi contraddizioni del nostro tempo. Il Teatro degli Antei di Pratovecchio metterà a disposizione i propri spazi anche per permettere al pubblico di assistere alle prove, nel pomeriggio del 13 e nella mattinata del 14 maggio. Preghiera per Chernobyl è una trasposizione dell’opera straziante di Svetlana Aleksievič, nei quali racconti intrecciano morte e amore, sullo sfondo di uno dei disastri nucleari più gravi della storia moderna. Chernobyl attualmente si trova all’interno dei confini ucraini, ma al momento del disastro, nel 1986 faceva parte dell’Unione Sovietica. Durante lo scorrere dei dialoghi si intuiscono sottilissime sfasature storiche, leggere sconnessioni linguistiche e la nostra mente si blocca, ha l’occasione di riflettere sull’assurdità dell’attuale guerra tra Russia e Ucraina.

Nell’opera di Svetlana Aleksievič è condensato tutto il dramma, lo smarrimento e il senso di morte di un popolo, e nello stesso tempo la grande forza dell’amore fra due persone, di un uomo che era partito fra i primi volontari a riparare il reattore nucleare senza nessuna preparazione e protezione, e di una donna che continua a amare, nella quotidianità di un’esistenza senza futuro, se non quella della sublimazione della morte attraverso l’amore.

Preghiera per Chernobyl non parla solo della più grande tragedia nucleare, migliaia di volte più grande di Hiroshima e Nakasaki: è una narrazione di straordinaria forza emotiva che racconta con diverse inquadrature il dramma umano, sociale e politico del disastro ambientale e della fine del comunismo.

Una eccezionale storia epocale, con una materia densa dal punto di vista emotivo e di denuncia politica, in un mix fortemente teatrale che lascia senza fiato.

Svetlana Aleksievic affronta la tragedia di Cernobyl e la disfatta del mondo comunista, restituendo con implacabile fedeltà le voci e i sentimenti delle persone che hanno toccato l’ignoto di un dramma che non ha eguali nella storia contemporanea.

Non si vedeva la morte, non si toccava, non aveva odore. Mancavano persino le parole per raccontare della gente che aveva paura dell’acqua, della terra, dei fiori, degli alberi. Perché niente di simile era accaduto prima. Le cose erano le stesse, i fiori avevano la solita forma, il solito odore, eppure potevano uccidere. Svetlana Aleksievic

Un lavoro per due attori, doloroso e intensissimo, bruciante nella descrizione apparentemente “oggettiva”, ma più che toccante, di un orribile dramma umano, ma anche del disfacimento irrimediabile di un mondo, di un ideale e di una nazione…. Il “liquidatore”, interpretato con vigore e convinzione da Argirò, crede ancora nell’ideologia in cui è stato educato, e la porta avanti, con fierezza, e fede; ma al tempo stesso si rende conto che tutto ciò in cui crede sta svanendo, e che lui muore per nulla. Per certi versi memorabile, la prima parte dello spettacolo, in cui la moglie di uno dei primi intervenuti sul luogo del disastro descrive la Via Crucis del marito e sua. Di grande effetto e di alta qualità la prova di interprete della Musy, che dà voce in maniera non facile da dimenticare a questa disperata eroina tragica del nostro tempo: con uno stile asciutto ed efficace, che rifugge da qualsiasi inutile amplificazione, oltre che da ogni esteriorità. Francesco Tei, Hystrio

Torna in Toscana, uno degli spettacoli più intensi e incalzanti delle ultime stagioni: “Preghiera per Cernobyl” dall’opera di Svetlana Aleksievic (premio Nobel per la letteratura 2015). Con uno stile granitico ma di grande impatto emotivo, è condensato tutto il dramma, lo smarrimento e il senso di morte di un popolo. Una cronaca agghiacciante, che non perdona e non fa sconti, che traghetta lo spettatore sulle sponde di un futuro inedito e doloroso, bilanciato dalla grande forza dell’amore. Gabriele Rizza, Il Tirreno

 Il dolore e l’amore delle donne sovietiche, dalla seconda guerra mondiale a Cernobyl, è stata la materia narrativa della Aleksievic, da cui Massimo Luconi, fra i maggiori registi italiani di questi anni (particolarmente sensibile ai temi dell’integrazione sociale, come ha dimostrato nel recente  Antigone, una storia africana) ha tratto l’ideazione scenica…Con la sua ideazione e la sua regia, minimalista e profondamente efficace, la bravissima Mascia Musy e Francesco Argirò (musiche di Mirio Cosottini e costumi di Aurora Diamanti), hanno saputo animarne il testo, con una sensibile interpretazione del dramma, dello smarrimento e del senso di morte di un popolo che solo l’amore sa sublimare. Francesco Gurrieri, Toscana Oggi

 Esclusivamente da un grande lenzuolo bianco che assurge a simbolo di una sorta di sudario, si dipana una devastata e struggente preghiera solitaria, un appello angosciato alla pietà umana che non trova alcuna risposta, una richiesta estrema di misericordia che si dissolve nella prostrazione. E l’invocazione della salvezza si trasforma in un urlo lancinante di corpi smembrati, divorati dalle radiazioni, ai quali sarà negata persino una degna sepoltura. Emilia Costantini, Corriere della Sera.

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