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domenica, 24 Novembre 2024

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Prima le persone… soprattutto in guerra

di Matteo Bertelli – Ormai la guerra sta sempre più entrando nel nostro immaginario comune. Se aprissimo un giornale nazionale adesso noteremmo una progressiva diminuzione degli articoli ad essa dedicati. Certo, rimane comunque il primo argomento citato e di cui viene (giustamente!) scritto, ma sempre meno.
Perché? Perché, probabilmente, ci stiamo iniziando ad abituare. E questo è bruttissimo, oltre che sbagliato. Non ci si può abituare alla guerra.

Ci sono sempre più posizioni in difesa dell’una o dell’altra parte, scordandoci che non stanno morendo numeri ma persone; senza pensare che non ci dovrebbe interessare se Bucha è una montatura ma denunciare la disumanità e basta.
Eppure, così non è. Sempre in più si aggrappano a posizioni dubbiose, se non dubbie. Sempre di più sono quelli a difesa di una pace fatta col sangue. Per fortuna non tutti. Per fortuna ci sono ancora ragazzi che rimangono profondamente colpiti dalle immagini che arrivano dall’Ucraina. Dai «bambini e le intere famiglie che nel giro di qualche ora si sono trovati dalla tranquillità e felicità al dramma».

Queste sono le parole di tre ragazzi: Luca Minocchi, Matteo Baracchi e Costantino Calapai; tre ragazzi che, con l’aiuto del Comune di Ortignano Raggiolo, della sezione di Ortignano dell’associazione la Racchetta e del circolo ACLI di Raggiolo hanno organizzato una raccolta di beni di prima necessità da poter poi inviare alle persone bisognose del territorio teatro del conflitto.

Hanno scelto di utilizzare i Social Network, mezzi a volte usati per propaganda, altre per dire cavolate, altre ancora, per fortuna, per fare del bene. Hanno avuto contatti con una ragazza ucraina che da anni vive nel comune di Rufina, Irina. Lei, con il fratello a Mariupol e il resto della famiglia in Ucraina, li ha sensibilizzati ancora di più, tanto che insieme hanno iniziato ad organizzare una raccolta fondi per la sua patria. Luca, Matteo e Costantino si sono attivati per trovare le risorse, Irina, con l’aiuto del consolato e dell’ambasciata Ucraina, ha organizzato il viaggio con un tir guidato da un ragazzo che, a malincuore, ha barattato il suo ruolo da soldato con quello da camionista con la responsabilità di raccogliere e consegnare gli aiuti umanitari provenienti da tutta Europa.

«La raccolta è andata avanti e siamo rimasti sinceramente sbalorditi e commossi dall’enorme contributo che le persone ci stavano dando. Generi alimentari di ogni tipo, vestiti, coperte». Questa la loro testimonianza. Non è una novità, ne avevamo già parlato: non c’è solo il male in questo mondo e nella nostra terra; c’è gente con un cuore enorme e questo è l’importante.

Questa, per fortuna, è solo una delle tante iniziative che sono state lanciate, anche in Casentino, per sostenere una popolazione in difficoltà, senza barriere di alcun tipo a frenare gli aiuti. Sottolineiamo la popolazione, non il popolo; perché di popolo ce n’è solo uno ed è quello universale, quello a cui apparteniamo tutti. Raramente lo ricordiamo ma in questi casi la speranza di vederci come fratelli, uniti a combattere non una guerra – perché quella è sbagliata sempre – ma una causa umanitaria, torna ad affacciarsi alla porta.
Perché sulla guerra si possono avere pensieri diversi e contrastanti. Bisognerebbe trovare prove a sostegno di ciò che si dice, ma quella è una regola che vale sempre e che raramente viene rispettata. Siamo in democrazia e dobbiamo accettare anche pensieri diversi dai nostri, per quanto non condividendoli. L’unico vero pensiero che abbiamo il dovere morale di accettare è condannare le sofferenze provocate e, se si vuole essere onesti intellettualmente, anche chi le provoca.

La storia darà ragione a una parte o all’altra, c’è chi scriverà i libri e chi si trincererà dietro i “ah, quando c’era lui”, ma questo articolo lo vogliamo chiudere con un appello dei tre ragazzi di cui vi abbiamo portato la testimonianza. Una frase senza giri di parole, senza barocchismi per allungare il brodo, senza alcun secondo fine. Solo voler trasmettere almeno alcune di tutte le emozioni che hanno provato e stanno continuando a provare: «Vogliamo ringraziare tutte le persone che ci hanno aiutato. Speriamo che questa guerra finisca il prima possibile e che i bambini ucraini tornino a giocare e ridere spensierati, perché quello è l’unica cosa a cui devono pensare!».

Niente vinti, niente vincitori. Solo la speranza di un futuro migliore.

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