di Mauro Meschini – Non c’erano effetti speciali ad accompagnare la presentazione della sanità casentinese del futuro, quella prevista dagli sciagurati Patti Territoriali firmati il 29 febbraio da 9 dei 10 sindaci della vallata, ma un buon numero di curate e colorate slides ricche di numeri e belle parole. C’erano alcuni conosciuti medici coinvolti, loro malgrado, in quella che doveva anche essere una serata promozionale di tutta l’operazione. E c’erano anche le prime file della sala del Centro Sociale di Bibbiena occupate, in parte, dalle “truppe cammellate”, chiamate a raccolta per sostenere quello che subito è però apparso insostenibile e indifendibile.
In realtà nella grande sala, stracolma come accade solo nelle grandi occasioni, la grandissima parte dei cittadini non era lì per ascoltare quello che avrebbero voluto, e dovuto, già sapere e conoscere da tempo, durante quei lunghi mesi in cui, mentre si continuavano a propinare rassicurazioni sul futuro dell’Ospedale di Bibbiena e, in particolare, del Punto Nascita; già si lavorava per la sua chiusura.
No, quei cittadini non volevano farsi raccontare, adesso, quello che è stato già deciso sulla loro testa. Ma erano lì per chiedere conto ai sindaci della loro firma su quei “Patti”.
Solo il sindaco di Bibbiena Daniele Bernardini ha voluto spiegare le ragioni della sua scelta, ragioni non condivisibili, ma almeno presentate davanti a tutti.
Gli altri primi cittadini, invece, o non c’erano, come il sindaco di Pratovecchio Stia Nicolò Caleri che, evidentemente, non si trova a suo agio con l’argomento visto che, come è stato ricordato, anche se sollecitato a farlo non ha ancora trovato il tempo per discutere con i cittadini del suo Comune del futuro della sanità e dell’Ospedale di vallata. Oppure sono rimasti immobili nell’angolo della sala che hanno occupato, in silenzio e quasi infastiditi dalla situazione. Certo quale ragione avevano di parlare e giustificare le loro scelte, loro hanno fatto quello che la Regione ha chiesto e quindi, dal loro punto di vista, hanno già terminato il loro compito.
Ma non sarà così. Perché se non lo faranno i sindaci saranno altri a riproporre il tema della difesa dei servizi dell’Ospedale casentinese. La presenza di Consiglieri regionali e del Comune di Arezzo ha infatti reso bene l’idea di come la questione non riguarda solo in Casentino, ma l’intera sanità provinciale e dell’Area Vasta Toscana Sud Est.
Ma, soprattutto, riguarda i cittadini che si sono sentiti ripetere di nuovo la solita storia sul Punto Nascita: c’erano pochi parti, non era sicuro, era in deroga… ma poi, un intervento dopo l’altro, è venuta fuori un’altra verità ed è apparso chiaro che altre soluzioni potevano, e possono, essere trovate e che le giustificazioni non sono accettabili.
Non si può infatti chiudere oggi un reparto, dicendo che non è sicuro, quando in una pubblicazione della ASL del 2012 era dichiarato un “fiore all’occhiello”, anche se il numero di parti era sempre inferiore al minimo richiesto. Poi, per quanto riguarda la sicurezza, è stato sottolineato che questa non si realizza andando ad intasare l’Ospedale di Arezzo, ma mantenendo tutte le professionalità mediche necessarie nei presidi ospedalieri e realizzando una rotazione dei medici a livello di ASL che permetta di condividere le esperienze e le professionalità. Così anche il Punto Nascita di Bibbiena avrebbe il richiesto livello di sicurezza, in un ambiente certamente più accogliente e a misura di donna del San Donato. Inoltre, è stato ricordato, la condizione della viabilità del Casentino non è tale da garantire in ogni situazione il tempo necessario per arrivare nel capoluogo, e il rischio di vedere parti in strada non è da trascurare. A questo proposito è stato anche fatto presente che il tema della situazione della viabilità poteva essere usato dai sindaci almeno come moneta di scambio: “Prima si realizzano miglioramenti sulla SR71 e si chiudono i cantieri infiniti come Santa Mama, prima si attivano gli ipotetici nuovi servizi e poi, eventualmente, discutiamo del Punto Nascita”. Questo doveva essere imposto alla Regione, ma si sono ben guardati dal farlo.
Sul Punto Nascita resta anche il dubbio che sia stata messa in atto una vera e propria azione di “terrorismo psicologico” nei confronti delle future mamme, perché progressivamente fossero spinte a scegliere di partorire altrove, provocando il calo delle nascite che permette oggi di motivare la chiusura. Formali azioni di denuncia saranno presentate alla Procura della Repubblica per verificare l’identità di autori e ideatori di una simile strategia, che sta provocando una danno enorme alla società casentinese.
Queste non saranno comunque le uniche azioni che saranno messe in atto perché è diffusa la convinzione che sia ancora possibile fare qualcosa per ottenere un ribaltamento delle decisioni e per imporre altre scelte. Non sarà possibile fare affidamento su chi dovrebbe rappresentare i cittadini, visto che con le loro scelte i sindaci hanno chiaramente dimostrato che preferiscono stare dalla parte di chi sta portando avanti in Toscana politiche che mirano a ridurre i servizi sanitari pubblici.
Lo ricorderemo alle prossime elezioni.
Ma per ora dovremo fare affidamento sulla volontà dei cittadini che dovranno farsi carico direttamente della situazione. La proposta di restituire forza e rappresentatività al Comitato Casentinese per la Salute in Montagna può dare l’opportunità per affidare, anche a questo soggetto, il compito di fare da punto di riferimento per organizzare iniziative e azioni di protesta che spingano la Regione a rivedere le sue decisioni.
Come è stato ripetuto durante l’assemblea, un Ospedale per essere tale deve avere, attivi e funzionanti, almeno la chirurgia, la medicina, il Punto Nascita, la Radiologia e il Pronto Soccorso. Perdere o vedere ridotto ai minimi termini anche uno solo di questi servizi potrebbe portare progressivamente alla chiusura.
I cittadini non permetteranno che questo accada!
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