di Fabio Bertelli – Era il 1987. Mentre tutta Italia intonava “Si può dare di più” di Tozzi, Ruggeri e Morandi, fresca vincitrice del festival di Sanremo, Nilde Iotti si apprestava ad entrare nella storia per essere diventata la prima donna presidente della Camera. Negli Stati Uniti andava in onda la prima puntata di uno dei più celebri cartoni animati della storia della televisione: “I Simpson”.
E, soprattutto, a Soci si apprestava ad iniziare una collaborazione tra due ragazzi, ben presto amici e colleghi inscindibili: Luciano Ghezzi e Stefano Tuberoni. Al locale Manhattan i due facevano scatenare in pista donne in jeans e uomini con pantaloni di velluto e bretelle, come la moda dell’epoca voleva. Alla luce della recente iniziativa di riproporre alcune serate sull’onda degli Anni ’80, siamo andati a farci raccontare come sia nato questo progetto e in che cosa effettivamente consista.
Luciano, partiamo dagli inizi: come si è avviata la vostra collaborazione? «Intorno alla metà degli Anni ’80 io avevo già iniziato a suonare come dj presso alcuni locali nella provincia di Arezzo. Nel 1987 i gestori del locale Manhattan a Soci, Walter Baldi e Moreno Innocenti, mi contattarono chiedendomi se avessi voluto intraprendere un percorso all’interno del locale. Allettato dall’idea, mi feci dare il nulla osta e decisi di chiamare con me un ragazzo tanto giovane quanto promettente: Stefano. Avevo avuto modo di conoscerlo attraverso suo fratello e sin da subito ero rimasto affascinato dalla passione che mostrava verso il mondo della musica. Allora eravamo poco più che ragazzi; io avevo 22 anni e Stefano 17. Inizialmente lui si occupava principalmente di sistemare le luci e di “chiudere” le serate. Con il tempo è iniziato un avvicendamento alla console che dura ancora oggi. Abbiamo suonato al Manhattan, divertendoci in maniera spropositata, dal 1987 al 1994, anno in cui, con l’avvento delle discoteche moderne, costellate di PR e vocalist, abbiamo deciso di smettere, almeno fino a qualche tempo fa, quando ci è balenata in testa l’idea di riprendere».
Stefano, raccontaci meglio come davvero è nata questa idea e in cosa consiste il “Remember Manhattan”… «Luciano decise di organizzare una serata nel 2019 a Rassina, nella quale proponeva musica dei nostri tempi, fondamentalmente Anni ’70-’80-’90. Io all’epoca ero oberato di impegni lavorativi e non potei aiutarlo nella realizzazione di questo evento, ma ero comunque sempre attento allo svolgersi della situazione, pronto a ritornare in pista. Iniziato il tutto quasi come un gioco, come se volessimo tornare a sentirci ragazzi per una sera, in realtà ci accorgemmo che la risposta del pubblico era grandiosa. Noi, che amiamo il nostro pubblico e cerchiamo sempre di creare una forte empatia, iniziammo a considerare l’opportunità di ripartire di nuovo. Il nostro entusiasmo fu, inizialmente, smorzato dal Covid, che ha obbligato tutti a stare chiusi in casa. Tuttavia, a dire la verità, ritengo che la pandemia ci abbia paradossalmente fatto comprendere quanto sia importante la socialità e quanto serate come quelle che noi organizziamo, che sono grandi feste volte al divertimento, possano aiutare le persone a staccare dai problemi quotidiani e a concedersi dei momenti di spensieratezza. Così, nel 2021, abbiamo deciso di provare a riprendere il nostro percorso. Fortunatamente abbiamo trovato l’appoggio degli organizzatori della festa di Rassina, che hanno dimostrato piena fiducia nel nostro operato. Lo strabiliante successo di quella sera ci convinse ulteriormente a ritornare, a divertirci e far divertire le persone. Da ormai tre anni, dunque, abbiamo ripreso il nostro percorso, che vogliamo ulteriormente incrementare».
Stefano, quale è il tipo di musica che proponete? E a chi è rivolto? «Fondamentalmente nelle nostre serate, come detto, vi è un avvicendamento alla console. Inizia Luciano mettendo musica degli Anni ’70-’80 per fare entrare il nostro pubblico nel giusto “mood”, nella giusta atmosfera. Dopodiché io alzo un po’ il volume ed i toni con musiche più recenti, dagli Anni ’90 ad oggi. In linea generale cerchiamo di proporre musica dance che possa coinvolgere il più possibile le persone. La nostra idea è quella di rivolgerci a tutti; abbiamo un motto che dice “dai 7 ai 70 anni” e anche oltre. Cerchiamo sempre di creare un rapporto stretto con il pubblico, che è la nostra principale fonte di energia e di divertimento. Organizziamo queste serate spinti, in primis, dalla passione che abbiamo per la musica. E credo che poter condividere questo amore con la gente sia qualcosa di grandioso. È un pubblico vario; capita di trovare i vecchi amici che ballavano al Manhattan di una volta, ma anche tanti giovani e bambini che si avvicinano al mondo della musica e restano affascinati da suoni e melodie che nella musica di oggi sono più difficili da ritrovare. Cerchiamo sempre questo rapporto di vicinanza con le persone, come se effettivamente ci scambiassimo qualcosa: vitalità, amore per la musica e divertimento. Sono la nostra linfa vitale; assorbiamo la loro energia e la sfruttiamo per rendere al meglio sul palco».
Luciano, sono passati, ormai, più di 30 anni dall’inizio della vostra collaborazione. Come si è sviluppato il vostro rapporto? «Se devo essere sincero, il nostro rapporto è rimasto tale e quale a quello del giorno in cui ci siamo conosciuti. Come vi ho detto, ci siamo incontrati per la prima volta che eravamo ragazzi e sin da subito è iniziata un’amicizia che va al di sopra di qualsiasi rapporto di collaborazione. Non abbiamo mai litigato, viaggiamo sulla stessa frequenza d’onda. Ad aiutarci a mantenere questo rapporto ben saldo è, senza dubbio, la musica. Per entrambi, infatti, essa ha avuto, ha e continuerà ad avere un ruolo centrale nella nostra vita. Quando hai un rapporto del genere con una persona è estremamente più facile risolvere qualsiasi problema. Non ci stanchiamo mai di provare, sperimentare, migliorare; anche se non siamo più dei ragazzi, è rimasta in noi quella scintilla che ci permette di fare queste serate con il sorriso. Abbiamo una grandissima alchimia che ci permette di lavorare fianco a fianco senza mai ostacolarci; basta un singolo sguardo per comprendere quali siano i nostri sentimenti e le nostre sensazioni. E ritengo che questa sia di per sé, al di là di qualsiasi altro discorso, una bella vittoria per entrambi».
Quali sono i vostri progetti futuri? «“Remember Manhattan”, come abbiamo detto, nasce per far star bene la gente e noi. Abbiamo già in programma alcune serate, come quella del 17 agosto alla Festa del tartufo a Chiusi della Verna. Quello che ci diciamo sempre tra di noi è che vogliamo essere sempre aperti ad ascoltare e a valutare qualsiasi opportunità perché quando ami quello che fai non hai paura a metterti in gioco. Certo, un sogno nel cassetto ce l’avremmo: tornare alla nostra “base”, a Soci, dove il nostro viaggio è iniziato. Speriamo anche di riorganizzare altre serate targate “Remember Manhattan”, come quella dello scorso 15 giugno a Rassina. Vedere arrivare tantissime persone per ballare, divertirsi e svagarsi con noi è stato veramente qualcosa di impagabile, che va al di sopra di tutto. Se tutto ciò è possibile è anche grazie a tante persone, organizzatori ma non solo, che rendono possibili le nostre serate, che credono in noi e che ci danno costantemente supporto. Dunque, ci teniamo a ringraziare tutti coloro che spendono il loro tempo per aiutarci a rendere possibili le nostre serate».
Ultima curiosità, ci spiegate il significato del logo? «Abbiamo voluto trasformare il logo originale senza stravolgerlo, facendolo diventare un cuore, a dimostrare che è un evento che ci è entrato dentro e che ci risveglia tante emozioni». Ringraziando nuovamente Luciano e Stefano per la cordialità, vi invitiamo caldamente a partecipare alle loro serate. Serate in cui i più adulti possono chiudere gli occhi e ritornare giovani ragazzi e ragazze ricchi di vitalità e amore per la vita; serate dove i più giovani possono chiudere gli occhi ed immaginare un mondo meno frenetico, meno pesante e meno ricco di aspettative. Insomma, serate per tutti!