di Francesca Maggini – La pandemia, purtroppo, ha portato con sé tanti cambiamenti, anche la scuola ne è stata travolta e non è stato facile affrontare questo periodo. La DAD è diventata una costante della vita degli studenti, degli insegnanti e di tanti genitori che hanno navigato fra casa, lavoro e figli nel mare della scuola a distanza. In alcune realtà, anche a noi vicine, la DAD ha funzionato poco e a singhiozzi, in altre ha funzionato molto bene dimostrando come, in una situazione di totale emergenza, possa in parte aver colmato l’impossibilità di frequentare la scuola.
Ho avuto modo di confrontarmi con alcuni genitori sul tema della DAD, ho cercato di raccogliere più punti di vista, generalmente frutto dell’esperienza che ognuno ha vissuto con i propri figli, quello che ne uscito è un panorama abbastanza variegato che ci permette alcuni interessanti spunti di riflessione.
Alcuni genitori ci raccontano.
«È andata meglio di quanto mi aspettassi. Mio figlio mi ha stupito sorprendendomi con una capacità di adattamento enorme. I piccoli sono pieni di risorse, si sono dimostrati più disciplinati e pazienti degli adulti. È stata un’esperienza faticosa ma è riuscito a venirne fuori senza grosse crisi, solo qualche segno di stanchezza e nervosismo. Rimane comunque il fatto che preferisce la scuola a scuola e non la scuola a casa! L’aspetto più penalizzante è stato la distanza. I bambini sono fatti di spensieratezza, gioco, relazione, emozioni che si creano e si alimentano in maniera genuina con il rapporto diretto, questo è mancato ma l’insegnamento di per sé, con la DAD, è andato avanti. I bambini più piccoli avevano necessità di essere seguiti durante le lezioni e per chi non ha avuto un adulto presente, non è stato facile. Le maestre, nel nostro caso, sono state competenti anche con le nuove piattaforme, pronte ad adattare nuove modalità di insegnamento, arricchendo le lezioni con immagini, letture, spunti di stimolo. Ritengo che sia stata l’unica modalità possibile per non fermare del tutto il sistema scuola, per garantire il tanto sbandierato diritto all’istruzione ma comunque pur sempre uno strumento tampone cui ricorrere in un periodo di emergenza o sfruttare, in futuro, solo in alcune occasioni circostanziate. Non può sostituirsi alla vera scuola che è un mondo completamente diverso, con la bellezza e la ricchezza del suo bagaglio emotivo, relazionale, sociale, umano, di scoperta e di guida alla vita attraverso insegnamenti ed esperienze dirette».
«Ho due bambini, uno di 6 anni e l’altro adolescente di 14 anni. Il piccolo non ha vissuto bene la dad: ha ripetuto che si annoiava e che non gli piaceva fare lezione al computer e spesso ha tenuto un livello di attenzione molto basso. Unica cosa positiva è che avendo le telecamere accese ha potuto vedere i suoi compagni e sentirsi meno solo. Essendo poi piccolo, anche se più bravo di noi genitori nell’utilizzo della tecnologia, ho dovuto seguirlo con conseguente riduzione dei miei impegni personali e grande fatica in casa. Per il figlio più grande in prima superiore, la cosa è stata diversa. Purtroppo non era prevista la possibilità di attivare le telecamere, quindi ha sempre parlato ed ascoltato senza vedere. Aspetto, alla lunga, molto demotivante. Per uno poi che ha poca voglia di studiare, non offre stimoli. La sua classe ha lavorato meno, in più i ragazzi si sono sentiti emarginati e in molti casi c’è stato un brusco calo dei voti con conseguente rassegnazione di chi era già in difficoltà. Le verifiche spesso sono state falsate dalla possibilità di copiare senza esser visti! Se a ciò aggiungiamo i problemi di connessione quello che ne esce è un giudizio complessivo assolutamente negativo».
«È stata un’esperienza nuova e non sempre facile, fortunatamente le nostre maestre si sono impegnate nella creazione di lezioni coinvolgenti e soprattutto sono state encomiabili nel cercare di non lasciar indietro nessun bambino, nonostante le difficoltà che questa nuova modalità di lezione comportava, comprese quelle dovute ad una connessione a tratti discontinua per diverse famiglie. Naturalmente le ore giornaliere di DAD non possono sostituire, se non in minima parte, le lezioni in presenza. Quando ho chiesto a mia figlia cosa le era piaciuto della DAD mi ha risposto che era bello vedere le maestre e i compagni in viso, senza mascherina. Un anno veramente difficile… dove sono stati i nostri figli ad insegnarci tanto».
«Per quello che mi riguarda, come genitore ma anche come professionista, ho potuto osservare una diffusa demotivazione degli studenti (per tutti gli ordini scolastici), particolarmente per gli alunni stranieri che hanno accusato ancora di più la distanza dall’insegnante e la fatica di colmare problemi di lingua o di connessione. Si sono acuite maggiormente le differenze dei tempi di apprendimento con la conseguenza di una netta spaccatura della classe tra alunni che sono riusciti a seguire in autonomia e alunni che invece, non facendocelo, hanno mollato. A ciò dobbiamo aggiungere una generale stanchezza psico-fisica (dovuta alle tante ore davanti al PC) e un preoccupante appiattimento di iniziative, progetti, attività dei bambini/ragazzi che li porta a “vegetare” in casa, isolati, senza stimoli e voglia di fare. Quanto all’organizzazione familiare, molti i problemi di spazio, di rumore e di connessione. In più, difficile la gestione degli orari per i piccoli delle elementari che talvolta necessitano della presenza dei genitori».
«Noi non ne possiamo parlar male. Forse è più dovuto alle insegnanti e alla loro organizzazione che alla scuola. Per quanto ci riguarda sia per la prima che per la quarta elementare, non abbiamo avuto problemi di connessione, mai saltato una lezione. Maestre sempre presenti. Sono andate avanti con il programma, sicuramente non come in presenza, infatti se dobbiamo trovare un difetto direi le poche ore svolte quotidianamente».
«Vivendo la Dad da insegnante e da genitore mi sono resa conto che questa, se ben organizzata e strutturata, aiuta la didattica in casi di emergenza. Questa modalità di insegnamento però non può e non deve sostituire la presenza, poiché toglie alla scuola l’importante aspetto della socialità, crea difficoltà nel processo di insegnamento/apprendimento e alle famiglie. Queste criticità caratterizzano ogni grado scolastico, soprattutto l’infanzia e la primaria, dove i bambini necessitano di un aiuto costante da parte di un adulto».
«Per noi la Dad ha funzionato molto bene. Le maestre sempre attente, comprensive e presenti, le classi molto piccole; i bambini sono sempre stati seguiti da due insegnanti, mentre una spiegava la lezione, l’altra faceva da supporto e aiuto ai bimbi per far si che nessuno rimanesse indietro. Le ore giornaliere erano integrate da potenziamento di matematica che avveniva in piccoli gruppi e potenziamento alla lettura svolto singolarmente».
Queste sono solo alcune delle testimonianze che ho raccolto, a dimostrazione di come, nonostante alcune criticità di fondo, la DAD ha tamponato l’impossibilità di frequentare la scuola, dimostrando come questa nuova metodologia è apparsa il migliore (o forse l’unico metodo) per non fermare totalmente il mondo della scuola. La DAD nelle realtà scolastiche più piccole si è dimostrata più fruibile e ha potuto funzionare bene, purtroppo nelle realtà con classi più numerose le problematiche sono state maggiori soprattutto per la scuola primaria, ma il problema dell’eccessivo numero di studenti nelle classi rimane anche a computer spenti. Sicuramente, soprattutto per i più piccoli, l’utilizzo di questa nuova metodologia non è stato facile, per esempio chiarire eventuali dubbi su un argomento è apparso più complicato, farlo in presenza è indubbiamente più semplice e spontaneo.
La DAD dovrebbe aver spinto gli studenti a una maggiore autonomia, soprattutto quelli più grandi, costretti in alcuni casi ad organizzarsi la giornata scolastica e risolvere eventuali problemi utilizzando anche nuove metodologie ed applicazioni che in un futuro potrebbero dimostrarsi utili. Nei prossimi anni, perfezionando connessioni e piattaforme, la DAD potrebbe divenire uno strumento integrativo alla didattica in presenza, magari potrebbe diventare scialuppa di salvataggio nel caso di assenze prolungate per non interrompere il percorso di formazione o addirittura una nuova tipologia di insegnamento da utilizzare per alcune materie, laboratori o approfondimenti specifici magari per le scuole superiori o nel mondo universitario.
Del resto, nonostante alcune difficoltà di fondo, quello che raccontano tutti i genitori non sono problemi legati all’impossibilità di riuscire ad apprendere quanto previsto nei programmi ministeriali o affrontare l’apprendimento in senso stretto, quanto e soprattutto la non inclusione, il non vivere direttamente l’esperienza scuola che racchiude in sé un mondo fatto non soltanto di libri, nozioni, sapere ma soprattutto di vita vissuta e di esperienze. La scuola da sempre è fondamentale per la crescita di ogni individuo, da adulti saremo il frutto di ciò che abbiamo vissuto da piccoli e in questo la scuola riveste, da sempre, un ruolo fondamentale. La DAD quindi, ha dimostrato di poter sopperire, anche se non totalmente, alla didattica in presenza ma purtroppo resta il problema del non vissuto.
Tutti usciremo segnati e cambiati da questo particolare periodo storico che ci sta insegnando quanto sia importante la flessibilità e ci ricorda quanto sia importante impegnarsi sempre, nella scuola come nella vita, dimostrando che è proprio nelle difficoltà maggiori che dobbiamo tirar fuori l’impegno più grande.