di Francesco Benucci – “Salpare” è un verbo ricco di significati e suggestioni: appartiene al mare e, come la visione dell’immensa distesa d’acqua, ci spinge verso l’orizzonte, ci fa guardare oltre, stimola la nostra immaginazione; al contempo, pare quasi uno scrigno che giace sul fondale, serbando segreti, sogni, aspirazioni. Infatti, se, letteralmente, la parola in esame significa togliere gli ormeggi, tirare su l’ancora per iniziare la navigazione, metaforicamente, non comunica solo l’idea di una semplice partenza, ma sembra suggerire l’avventurarsi in un percorso colmo di aspettative, intenso, degno di essere sperimentato.
Ebbene, entrambi gli aspetti del verbo “salpare” li possiamo ritrovare nelle scelte di vita di Roberto Lungu, 22 anni, iscritto all’Accademia Navale di Livorno, ente di formazione universitaria, alle dipendenze della Marina Militare, che si occupa della preparazione degli allievi ufficiali.
Nel suo iter precedente ci sono tante tappe che vanno a costituire un bagaglio importante e variegato: liceo classico, due anni di giurisprudenza a Bologna, la passione per il sassofono, certificazioni in inglese e informatica. L’approdo alla realtà menzionata in precedenza non è né l’esito pianificato del viaggio né un’epifania improvvisa: lo spunto cresce, matura, casualmente, a poco a poco, attraverso i racconti, le testimonianze di chi, anche prossimo alla pensione, l’Accademia e la Marina le ha effettivamente frequentate. E nel ventaglio di quelle storie così coinvolgenti e accattivanti, il giovane di Pratovecchio Stia, decide di iscrivere altresì la sua, imboccando questa strada, tra quelle che si è prefigurato per il futuro, tentando l’ingresso nella prestigiosa scuola e sperando di rientrare, al netto del numero chiuso, tra gli ammessi. Lo attendono un test iniziale di cultura generale, al fine di effettuare una prima scrematura, gli accertamenti psico-fisici e attitudinali (con tanto di colloquio con lo psicologo), le verifiche fisico-sportive e la prova più “sbarrante”, cioè l’orale su storia, educazione civica e matematica. I candidati sono tra i 4000 e i 5000 e, fra coloro che superano l’esame, figura proprio Roberto, che ora può davvero “salpare”, in tutti i sensi. Opta per lo Stato Maggiore, con un percorso di studi della durata di 5 anni e che, al principio del quarto anno, prevede l’assegnazione di una specializzazione con esami mirati, specifici.
L’avventura inizia nel mese di ottobre del 2022 e si rivela, da subito, stimolante, ricca di sfide, impegnativa, con attività diversificate che vanno dalla formazione sportiva a quella prettamente accademica. Tale percorso, già fortemente caratterizzato da peculiarità positive, trova un coronamento unico al termine del primo anno di accademia quando, insieme agli altri allievi ufficiali, Roberto si imbarca sul veliero Amerigo Vespucci, nave scuola costruita nel 1931, definita, in ossequio a un aneddoto risalente agli anni ’60, come “la nave più bella del mondo”. Ed è probabilmente in questa occasione che il verbo “salpare” esprime appieno le sue potenzialità, coniugando significato letterario e metaforico, all’insegna di un’esperienza segnante, che vede il nostro cimentarsi nella prima metà del giro del mondo che l’imbarcazione completerà successivamente.
Con partenza a fine giugno da Genova e rientro nella prima metà di ottobre, le tappe del viaggio, che ha in parte ricalcato itinerari di cui si sono resi protagonisti Colombo e lo stesso Vespucci, hanno toccato ben tre continenti tra Marsiglia, Las Palmas, Dakar, Praia (Capo Verde), Santo Domingo, Cartagena (Colombia), Trinidad e Tobago e, infine, Fortaleza in Brasile, per poi tornare in Italia in aereo. Ogni meta, lungi dal ridursi a semplice approdo, contiene storie, insegnamenti, incontri, compresi quelli con personalità significative dei vari Stati raggiunti, e attività, con gli allievi chiamati a illustrare le caratteristiche del veliero ai visitatori del luogo. È stata al contempo una prova impegnativa, intensa, profondamente formativa, contraddistinta da momenti di crescita e condivisione.
Questi ultimi aspetti sono emersi soprattutto nella creazione del nome da dare al proprio corso, fino ad allora chiamato “prima classe”, in modo da conferire, con tanto di motto e bandiera, una caratterizzazione identitaria a ciascun componente.
Così, il 6 settembre, a largo della costa colombiana del Mar dei Caraibi, gli allievi hanno issato il loro vessillo e urlato al mare il nome da loro stessi scelto, ossia Hurakan, nella cultura Maya dio del vento, del fuoco e delle tempeste oltre che spirito creatore della vita e, parimenti, richiamo al termine spagnolo che designa gli uragani, in ricordo di quello che ha colpito i nostri durante la traversata oceanica; la bandiera rappresenta la simbologia della divinità precolombiana così da trasmettere un messaggio che mira ad affermare una nuova identità plasmata dopo un periodo ricco di sfide, sempre affrontate nell’unità; infine, il motto ricalca ulteriormente i principi esposti sopra: “adversa nos genuit ut invicti crevimus” (“le avversità ci hanno forgiato così che sorgessimo invitti”).
Arricchito da un tale vissuto, corroborato nelle proprie convinzioni, Roberto avrà fatto tesoro di questi stimoli, consapevole di quanto, nel cammino di ognuno di noi, sia importante progettare, sognare e, infine, salpare.