Nonostante la pandemia abbia mostrato con il suo milione e mezzo di morti, le conseguenze di anni di tagli al sistema sanitario, la salute continua a non essere un obiettivo prioritario ma terreno di conquista per imprese private, assicurazioni (ora previste anche nei contratti nazionali) e finanza.
Le liste d’attesa per visite e prestazioni sanitarie sono una spina nel fianco, mentre ambiente sempre più inquinato, condizioni di lavoro sottopagato e precario, bassi salari e povertà, scarsa sicurezza sui posti di lavoro, disuguaglianze sociali, caro vita e caro affitti, peggiorano lo stato di salute, l’accesso alle cure di cui lavoratori e popolazione hanno bisogno si allungano sempre di più. La chiusura delle liste d’attesa è punita dalla legge 266/2005, ma le sanzioni previste sono facilmente eludibili da essere totalmente inefficaci.
Di fronte a liste chiuse o tempi di attesa eccessivamente lunghi, il cittadino si trova sempre più spesso di fronte a una sola alternativa: rivolgersi all’ASL in regime d’intramoenia o a una struttura privata, pagando per una prestazione sanitaria che spetterebbe di diritto a causa dei contributi fiscali già versati, oppure rinunciare alle cure. I lavoratori dipendenti contribuiscono in modo significativo al finanziamento del SSN attraverso una trattenuta previdenziale in busta paga, mediamente pari al 9,49% dell’imponibile. Le aziende versano ulteriori contributi per ogni dipendente, eppure l’accesso alla sanità pubblica è sempre più difficile.
Anche la Regione Toscana ha fatto suo questo modello e a fronte di liste d’attesa che vedono soddisfatte nei tempi previsti solo il 22% delle richieste, spenderà 320 milioni di euro per contenere le liste di attesa, acquistando prestazioni dal privato/convenzionato e, attraverso la produttività aggiuntiva, utilizzare medici, infermieri e tecnici fuori dal normale orario di lavoro. La sanità pubblica resta la cenerentola degli investimenti di un governo (meno 25 miliardi) che invece non lesina le risorse da destinare alle guerre, aumentando le spese militari (più 37 miliardi) e a sostegno dei paesi amici.
Ed è di 37 miliardi di euro il taglio alla sanità pubblica dei governi che si sono succeduti dal 2010 al 2019, e la legge di Bilancio del governo attuale non prevede alcun finanziamento aggiuntivo per il SSN che possa contrastare il deterioramento in atto. La spesa sanitaria continua a calare avvicinandosi sempre più al 6% del PIL, il più basso in Europa.
Di fronte a questa emergenza ancora una volta anche questo governo prevede un aumento di fondi da destinare al settore privato per alleggerire le liste di attesa. Un privato che fa business sulla malattia e che sempre di più si inserisce nel SSN attraverso convenzioni, accreditamenti, concessioni e appalti, un privato che fa business riducendo i costi per il personale e per la sicurezza.
In occasione del 7 aprile, Giornata Europea contro la commercializzazione della salute, il Coordinamento regionale toscano-SAS, organizza in varie città della Toscana iniziative contro le politiche di austerità richieste dall’Unione Europea e accettate dai governi.
Per riprendersi il diritto alla salute, per servizi di qualità e assunzioni di operatori sanitari, contro il continuo smantellamento del sistema sanitario pubblico occorre costruire un fronte comune, mobiliandoci per far sentire la nostra voce che metta al centro i bisogni degli utenti, contro una politica che ha trasformato la sanità pubblica in un azienda, la salute in profitto, il diritto alle prestazioni sanitarie in merce.
Coordinamento regionale toscano – Salute Ambiente Sanità (SAS) coordinamentotoscanosas@gmail.com