di Francesco Benucci – Il Casentino, per chi ci abita, non è solo una semplice vallata: è un contesto di vita unico, che ci culla e ci accompagna, che ci distingue e ci arricchisce. È vivo e vitale, ci accoglie passo dopo passo, respira all’unisono con chi lo popola, palpita per ciascuno di noi. In questo processo di personificazione pare quasi di scorgere le peculiarità di una figura umana: il Falterona, col suo profilo inconfondibile e austero, assume le sembianze di un volto familiare e sempre presente, il verde delle foreste dà vita ad una capigliatura folta e lussureggiante, i castelli, disseminati su colli e monti, sono tanti occhi che, come arcane sentinelle, osservano ora compiaciuti ora preoccupati, l’Arno sembra una spina dorsale che si snoda, sinuosa ed armoniosa, lungo il fondovalle, ogni comunità si trasforma in un cuore che crepita, come un focolare accogliente ed intimo al contempo. E l’anima? Dove si trova lo spirito profondo della nostra terra?
In realtà sono tanti i luoghi deputati a questo principio immateriale caratterizzanti il Casentino ma, se ne dovessimo indicare uno speciale, che, per storia e collocazione, si situa là dove la vallata suddetta “prende vita”, allora non potremmo che citare il Santuario di Santa Maria delle Grazie, ubicato nella località omonima nei pressi di Stia.
La chiesa è nota per l’apparizione della Madonna, avvenuta il 20 maggio 1428 a Monna Giovanna “delle Molina”, una semplice popolana che, sorpresa da un forte temporale, trovò rifugio presso un masso bianco; messasi a pregare, fu avvolta da una luce e le apparve la figura della Madonna che posava il piede sul medesimo masso e che le disse, con fare materno, che, per allontanare castighi e sciagure, avrebbero potuto edificare in quel luogo un santuario in suo onore, per poi renderle omaggio e venerazione con preghiere costanti. Il miracolo colpì talmente la popolazione che la costruzione dell’edificio fu portata a termine, con i mezzi di allora, in soli 4 anni e che, quando un incendio lo distrusse totalmente, fu comunque ricostruito velocemente e altresì ingrandito, come testimoniano le opere robbiane di fine ’400 e un affresco attribuito al Ghirlandaio, opere che “incorniciano” il masso delle apparizioni, ancora intatto e posto ai piedi dell’altare.
Da allora, a riprova di una devozione e di una tradizione giunte ininterrottamente fino ai giorni nostri, Santa Maria diventò meta dei pellegrinaggi dei Casentinesi: a suggello di ciò basti pensare alla tradizionale giornata del perdono, che si celebra in quaresima con le confessioni, e all’anniversario delle apparizioni il 20 maggio di ogni anno, con molto concorso di popolo. E non è certo un caso se, con la nascita del Comune Unico di Pratovecchio Stia, è stata scelta, come patrona, proprio Santa Maria delle Grazie: giustappunto il 20 maggio le autorità civili partecipano ad una messa solenne facendo dono alla Madonna di un cero votivo. Insomma, questo luogo ameno, di pace e di preghiera, custodisce e preserva un’anima che, fin dalle apparizioni, ha polarizzato una grande devozione popolare.
Ora però, questo spirito forte e genuino, o perlomeno il santuario che lo valorizza, va salvato. A darcene testimonianza è don Isio Cecchini, parroco di Santa Maria dal 17 gennaio 2023: attualmente il problema, di lunga data, della struttura insiste sul porticato quattrocentesco, la cui copertura è di circa 30 metri quadri, davanti alla facciata (anch’essa del ’400), per il cedimento di due travi portanti che si sono lesionate nel tempo. Qualche anno addietro don Carlo aveva provato a bloccare il cedimento con un intervento provvisorio che però non è stato risolutivo, anche perché già in quel momento c’era la necessità di sostituire tutta la copertura. In sostanza, andrebbe smontato il tetto del porticato, l’intera intelaiatura, al fine di sostituire le travi citate sopra. Provvisoriamente, visto il peggioramento, si è provveduto, nel mese di marzo, a puntellare e, contestualmente, a transennare la struttura, chiudendo così l’accesso principale, dove si trova il portone di bronzo donato da don Pietro Agnoloni, per 30 anni parroco del santuario; tale puntellatura serve per impedire il crollo e, conseguentemente, per “salvare” il materiale di copertura originario, nell’ottica del successivo riutilizzo, dato che la sovrintendenza, per un vincolo paesaggistico, culturale ed artistico, quando sarà il momento di porre mano al rifacimento, chiederà l’uso proprio del suddetto materiale che, in caso di crollo, andrebbe perduto.
Si tratta di un’opera complessa e di una spesa notevole perché va smontato il legname recuperando tutto il recuperabile, come da input ministeriale. Ma si tratta soprattutto di un’opera necessaria: come si può vedere a occhio nudo, la falda del tetto di sinistra è completamente imbarcata e, scendendo, si è staccata dalla facciata di una ventina di centimetri. Un’ulteriore problematica emersa nel tempo riguarda invece il tetto: all’interno della chiesa pioveva in diversi punti e, una volta andati, appunto, sul tetto con i muratori, hanno constatato la mancanza dell’impermeabilizzazione ossia l’assenza della guaina catramata per cui le vecchie tegole sono direttamente appoggiate sulle mezzane della copertura; quelle rotte le hanno sostituite, per le altre il problema è quando piove a vento poiché l’acqua si infiltra sotto le tegole e scola in chiesa.
Dopo questo primo lavoro ora non piove più ma, una volta risolta la questione relativa al portico, anche questa parte dell’edificio richiederà un secondo intervento, per cui la chiesa va scoperta, messa la guaina e ricoperta, con tanto di nuovo impianto delle docce in rame, essendo marcite quelle precedenti. Insomma, come si può facilmente intuire da quanto scritto, Santa Maria, dopo aver assistito tanti devoti ora chiede, a sua volta, assistenza, per continuare così a serbare e a diffondere l’anima della fede di un’intera vallata. Don Isio si è, da subito, messo all’opera e, una volta stabilita l’urgenza di porre rimedio alla situazione del porticato, oltre ad aver fatto realizzare la puntellatura, si è mosso con i tecnici affinché avviino le pratiche dovute con la sovrintendenza e ha consultato la ditta edile “Roberto e Gabriele”, con cui ha sempre lavorato in passato, così da tracciare un preventivo. A dare man forte sono intervenute anche alcune ditte ed aziende locali che si sono proposte di offrire le docce in rame per il porticato e/o il legname indispensabile.
Inoltre, considerando che la parrocchia non ha entrate particolari o extra, vivendo esclusivamente delle offerte raccolte alle messe domenicali, il parroco ha pensato a qualche metodo efficace per cercare di raccogliere quanto necessario ed ecco l’idea della lotteria, cioè una sottoscrizione a premi che ha per tema “Una tegola per Santa Maria delle Grazie”: i premi sono 10 e i biglietti, a offerta, si possono reperire in vari negozi tra Pratovecchio e Stia, dallo stesso don Isio e anche da privati. Ne hanno stampati circa 3000 e i primi riscontri in termini di acquisto, molto positivi, sono un’ennesima testimonianza con cui la popolazione sta dimostrando il suo attaccamento al santuario.
Per ora la strada percorsa per una risoluzione economica è questa, ma non sono mancate altre offerte libere, slegate dalla lotteria e che potrebbero risultare funzionali in previsione di successivi interventi che andrebbero ad interessare, oltre al porticato, anche il tetto. E d’altronde non deve stupire l’attenzione rivolta ad un luogo che rende la vallata onorata di essere stata “scelta” dalla Madonna per mostrare la propria presenza, un luogo che ha un significato profondo nel percorso spirituale di tanti devoti, un luogo che tra affreschi, porticati, altari e massi custodisce spicchi d’anima di molti, proponendosi, pertanto, esso stesso nelle vesti di anima accogliente, confortante ed amorevole.