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domenica, 24 Novembre 2024

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Tempo del trauma collettivo

di Denise Pantuso – Considerazioni attuali sulla guerra e la morte, Caducità, Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Psicoanalisi delle nevrosi di guerra, Il perturbante; sono solo alcuni dei testi di Sigmund Freud a cui ritornare per tentare di orientarsi in ciò che la comunità psicologica nomina come il tempo del trauma collettivo. Ciascuno di noi, da quasi due anni, è chiamato a fare i conti con la dimensione del trauma. Come ogni esperienza traumatica collettiva il dramma è sempre comune, uguale per tutti, per tutti ha lo stesso nome. Che sia un terremoto, la guerra, un virus, come accade con il Covid, le persone si riuniscono e in nome della protezione della vita si crea legame umano. Nel primo lockdown ci siamo uniti nella solidarietà seppur distanti e sconosciuti. Sono stati questi i momenti in cui l’unione ha fatto la forza di fronte al senso di caducità, di fronte ad una contingenza che ci ha trovati impreparati. Il senso di caducità, la precarietà della vita, il perturbante ovvero l’imprevedibilità e la difficoltà a nominare le situazioni, si sono unite per dei mesi alla speranza della fine, al desiderio di vittoria, di ritorno al quel tempo “di prima” che non c’era più. Quando si intravedono le soluzioni e l’uscita dal trauma la comunità solitamente si divide. Sembra paradossale, ma quell’unità che ci stringe di fronte alla percezione della morte reale non ci unisce più di fronte alle soluzioni. In fondo questo accade in ogni situazione familiare estrema. La divisione accade nella modalità di risoluzione del problema. Perché?

Sigmund Freud nel carteggio con Einsten intitolato Perché la guerra? Ci introduce il concetto di pulsione di morte. Ciascuno di noi, nel proprio mondo interno, è fatto di una spinta distruttiva che di fronte alla morte reale quasi si placa, ma ritorna quando la morte reale è rimossa. L’effetto di rimozione della morte reale del corpo fa sì che il nostro apparato psichico mantenga la morte su un altro piano, più immaginario, dando il via alle diverse forme di distruzione e aggressività umane. Paradossalmente nella ripresa l’uomo non è unito, ma proprio per effetto del processo di rimozione della morte reale del corpo sviluppa pensieri e soluzioni di vario tipo. Ed è qui che il testo Psicologia delle masse e analisi dell’io rimane il testo che continua ad illuminarmi ogni volta che nasce in me il desiderio di comprendere i fenomeni sociali della storia. Il testo ci dice che l’uomo “…in vista di un determinato fine si è organizzato come massa” e che ciò che crea la massa è “…il simultaneo influsso esercitato sul singolo da un numero rilevante di persone alle quali egli è legato a qualcosa (…)”.

Ciò che mi ha sempre incuriosito del fenomeno della massa è comprendere che fine fa la vita psichica individuale quando è inserita nella vita psichica della massa, ovvero quando il pensiero di un gruppo e del “capo/i” che lo guida diviene il punto di riferimento delle scelte personali. Freud ci dice che un primo effetto dell’appartenenza alla massa è il sentimento di “potenza invincibile”. Questo senso di potenza invincibile mette un soggetto nella condizione di esprimere sentimenti istintuali che da solo non riuscirebbe ad esprimere. Un secondo effetto si manifesta in ciò che Freud chiama contagio mentale ovvero una sorta di pensiero ipnotizzatore che si propaga tra le persone. Questo fenomeno è il meno approfondito da Freud seppur ne faccia conseguire il terzo esito della massa, la suggestionabilità.

L’essere umano nella massa perde le capacità di pensiero logico, trasforma velocemente i pensieri in atti, tende al linguaggio e comportamento feroce e violento passando facilmente all’entusiasmo e al senso di eroismo. Il soggetto appartenente alla massa non conosce dubbi poiché l’epicentro dei suoi discorsi sono la verità e la falsità. Freud ci fa intendere che un soggetto nella massa è un non soggetto, non esiste soprattutto a sé stesso e non esistendo per sé stesso impedisce e non suppone l’esistenza dell’altro. E in effetti è molto evidente nell’ascoltare le persone anche al di fuori del contesto terapeutico come l’esperienza soggettiva di questo tempo sia silenziata lasciando il posto alle parole della scienza, della politica e del diritto.

L’ultima opera di Basky dedicata alla vita carceraria ci insegna come il muro che fa dei detenuti un tipo di massa trova la via di uscita appendendosi alla parola scritta, Freud direbbe quella parola scritta e vissuta dai propri corpi e di cui nessuno sa se non se stessi.

Dott.ssa Denise Pantuso – Psicologa e psicoterapeuta individuo, coppia e famiglia
www.denisepantuso.it – tel. 393.4079178

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