di Mauro Meschini – Circa tre anni fa ci era capitato di ricordare quanto il nostro territorio sia ricco di luoghi di luoghi che, come altri simboli ed edifici storici, raccontano la storia del Casentino, rappresentando essi stessi testimonianza concreta della cultura e delle tradizioni proprie di questa terra.
Parlando in particolare di due piccole chiese che si trovano nel Comune di Pratovecchio Stia, le avevamo prese a esempio ricordando quanto esse, come le altre, fossero importanti.
“Si tratta di luoghi spesso poco conosciuti o, addirittura, dimenticati che però accolgono nello loro mura e in ogni singola pietra con cui sono costruite secoli di storia e di storie, quelle delle donne e degli uomini che le hanno erette e quelle di coloro che per lunghissimi anni le hanno frequentate e rese di fatto fondamentali punti di riferimento delle diverse comunità che vivevano molto più numerose anche nelle campagne”.
È un tempo lontano quello a cui ci riportano ed è proprio il tempo trascorso da allora senza che niente sia stato fatto che ha causato per una di quelle chiese di cui parlavamo, l’Oratorio di Santo Stefano di Tuleto, cioè la cappellina del Castello di Urbech dei Conti Guidi, un pesante aggravamento della situazione dell’edificio. Non molto tempo fa, come potete vedere dalle immagini che riportiamo in queste pagine, è completamente crollato il tetto della piccola chiesa di cui, proprio nell’articolo del 2018, avevamo segnalato le condizioni critiche sollecitando che fossero predisposti e attuati interventi per evitare il peggioramento di una situazione che già appariva molto compromessa.
In quell’occasione avevamo comunque avuto notizia che già da tempo erano in atto tentativi per dare una soluzione al problema, ne abbiamo avuto ulteriore conferma oggi raccogliendo testimonianze e informazioni che ci hanno descritto come, da più di un decennio, la comunità parrocchiale di Papiano abbia cercato di impegnarsi ben consapevole delle condizioni della Chiesa di Santo Stefano in cui, per ragioni di sicurezza, da tempo non si svolgevano più funzioni religiose. Più volte è stata trovata la collaborazione di professionisti che hanno studiato possibili progetti di ristrutturazione ma, nonostante questo, tutto si è fermato di fronte alle posizioni delle Belle Arti che richiedevano interventi molto più complessi e costosi che, pur con tutta la buona volontà, non potevano essere sostenuti.
Adesso la situazione, con il crollo del tetto, mostra in maniera ancora più evidente tutta la sua gravità unita a un senso di desolazione e di tristezza per quello che si rischia di perdere definitivamente.
Forse, se fossero stati accettati gli interventi proposti, anche se non ritenuti completamente risolutivi per una situazione di cedimento del terreno sottostante che avrebbe bisogno di essere controllata, il crollo sarebbe stato evitato e si sarebbe intanto restituito comunque solidità e sicurezza alla struttura. Comunque sia, e lasciando perdere le recriminazioni, nonostante tutto sembri più complicato, l’impegno per restituire alla sua comunità e al Casentino la chiesa di Santo Stefano continua. Si sta pensando ad un nuovo progetto di ristrutturazione, mentre si vogliono moltiplicare gli sforzi per cercare sostegni e risorse finanziarie che permettano di coprire i costi del restauro.
Solo a qualche chilometro di distanza la Chiesa di San Donato di Coffia, di cui sempre tre anni fa avevamo raccontato la riapertura, sta lì a ricordare come, con il contributo e l’impegno di tanti sia possibile raggiungere obiettivi che, all’inizio, possono sembrare inarrivabili.
Questo non è un tempo facile e da quando l’epidemia da Covid-19 ha preso in ostaggio le nostre vite molte parole sono state spese per promettere “un nuovo inizio”, il rischio è però che si diffonda l’illusione che questo dipenda solo dai soldi che sarà possibile spendere, senza considerare quanto la volontà e la capacità di scegliere siano fondamentali.
In questo momento si deve essere in grado di riconoscere e restituire valore a ciò che conta: la salute e il benessere delle persone e la cura dei luoghi e dei simboli che raccontano la storia del territorio in cui esse vivono rappresentano, probabilmente, quello che è giusto e prioritario salvaguardare.
Questo, al di là dei progetti e piani faraonici, delle grandi opere e delle improbabili promesse di una tecnologia di cui, proprio in questi mesi, abbiamo potuto scoprire anche i limiti e l’inumanità, è quello che dovremmo sperare di vedere realizzato dalla rivoluzione che verrà.