di Francesco Meola – Sono stati pubblicati nei mesi scorsi, dall’Istituto Regionale per la programmazione economica della Toscana (Irpet), i dati sui flussi turistici dei primi cinque mesi dell’anno (gennaio-maggio). Secondo il report, nel 2023, la Toscana ha fatto registrare il completo recupero dei livelli di presenze turistiche pre-Covid, (+8,8% sul 2022) e i dati parziali del 2024 sembrano confermare il trend intrapreso. A fare da traino, in particolar modo, i flussi internazionali, sia per quanto concerne il 2023 (+17,6% rispetto al 2022) sia per i primi mesi del 2024 (+12,6%), mentre i flussi italiani appaiono stagnanti (-0,3% nel 2023).
Tra le destinazioni che hanno fatto annotare la crescita maggiore, grazie all’apporto degli stranieri da fuori Europa, le città d’arte (+17,9%), seguite da quelle collinari (+11,6%). Le prime riducono il gap sul 2019 al -10% più che dimezzandolo, le seconde entrano in territorio positivo (+6,3% sul 2019) grazie al contributo estero sia degli europei che degli extra-europei.
Bene anche le località montane (+7,1%), le uniche nelle quali all’ottimo contributo apportato dagli stranieri (+13%) si associa un’apprezzabile crescita della componente interna (+2,5%). Viceversa, il progresso delle presenze nelle destinazioni marittime, che avevano già recuperato i volumi precedenti la pandemia nel 2022, è assai modesto (+1,2% sul 2022) e dovuto soprattutto alla componente straniera (+5%), mentre le presenze italiane si riducono quasi dell’1%.
Venendo alla nostra vallata, malgrado una stagione difficile dal punto di vista meteorologico, le presenze tengono il passo dell’andamento regionale. Un dato ancor più positivo, se si considera il forte calo del capoluogo di provincia e che conferma la bontà del lavoro svolto negli anni passati dalle amministrazioni locali, le quali hanno consentito al territorio di darsi una identità turistica ben precisa e di sfruttare appieno le tendenze del momento.
Tra i borghi è ancora una volta Poppi a farla da padrone, con il castello dei conti Guidi che si conferma tra i monumenti più visitati dell’intera provincia (ma i cui incassi hanno fatto registrare un calo di cui parleremo nel prosieguo dell’articolo). Positivi anche i numeri di Bibbiena, sempre più capitale della fotografia nazionale grazie alla presenza del Centro Italiano della Fotografia (la cittadina ha ospitato la prima edizione del Festival della Fotografia Italiana). Restando nel comune in questione, seppure con una leggera flessione rispetto allo scorso anno, va segnalato anche il discreto afflusso registrato dal Museo Archeologico.
Ottime le presenze anche ai castelli di Romena (8845 i visitatori nel periodo compreso tra aprile e settembre) e Porciano, come ci conferma per quest’ultimo il responsabile dell’annesso ristorante, Alessandro Falsini: «Anche quest’anno, come lo scorso, abbiamo registrato un importante afflusso turistico, soprattutto di nazionalità straniera e in particolare di visitatori provenienti dall’America. Sono dati che dimostrano le grandi potenzialità di questo territorio che ancora una volta si distingue per un turismo ricercato ma penso si possa fare ancora di più. Il Casentino non ha nulla da invidiare alla Val d’Orcia e al Chianti, con la differenza che loro si presentano come vallata mentre noi agiamo ancora in maniera un po’ slegata. Ogni realtà, anche imprenditoriale, nel rispetto delle proprie peculiarità, dovrebbe invece guardare oltre la propria individualità. In tal senso, un modello dal quale ripartire è rappresentato dalla rassegna musicale ‘Naturalmente Pianoforte’ un evento che, soprattutto con l’edizione di quest’anno, ha saputo davvero unire tutto il Casentino».
Ma a fare da volano alla vallata casentinese è ancora una volta il turismo religioso, trainato in particolare dal Santuario de La Verna che, oltre all’afflusso delle consuete migliaia di pellegrini, la scorsa estate ha visto anche la presenza di ospiti illustri, quali il Principe Alberto II di Monaco. Tra gli altri edifici religiosi presso i quali si è registrato un buon numero di visitatori, si segnalano il monastero dei Camaldolesi di Poppi, il santuario di Santa Maria del Sasso a Bibbiena e la Pieve romanica di Romena a Pratovecchio Stia.
E sul tema turismo abbiamo intervistato l’ex assessore e vicesindaco del Comune di Poppi, capofila dell’Ambito Casentino, Riccardo Acciai, il quale ha mostrato soddisfazione per i risultati raggiunti ma ne ha anche approfittato per lanciare un allarme rispetto al futuro dell’ambito turistico.
Partiamo da un’analisi dei dati in nostro possesso. Quanto c’è in questi risultati del lavoro svolto dalla Regione e da Toscana Promozione Turistica e quanto è stato importante in questi ultimi anni l’aver istituito la forma dell’ambito turistico? «La Regione ha fatto e continua fare tanto, così come l’esistenza dell’ambito ha dimostrato essere fondamentale, visti i risultati raggiunti, con questo lavoro di squadra. Semmai mi preoccuperei per il futuro…».
In che senso? «Il progetto dell’ambito precedente terminava nel maggio del 2024 ed era stato finanziato dalle Amministrazioni comunali precedenti fino al termine di agosto. Da quel momento si sarebbe dovuto trovare altre risorse o all’interno dei bilanci comunali, oppure attingendo a quelle regionali, ma la determina comunale numero 885 del 9 ottobre 2024, ha evidenziato che le attività dell’ambito sono state rifinanziate solamente da tre comuni del Casentino, ovvero Poppi, Pratovecchio-Stia e Bibbiena per un importo totale di circa 9.000 euro. Una cifra decisamente esigua ma, cosa ancor più preoccupante, è l’essere venuta meno quell’unità d’intenti che finora aveva caratterizzato le Amministrazioni locali della vallata. Mi auguro che quello che eravamo riusciti a realizzare negli ultimi cinque anni non vada vanificato a causa di questo atteggiamento. L’ambito, infatti, aveva al suo interno tutti i comuni del Casentino che, oltre agli aiuti della Regione, compartecipavano alle spese con una quota parte di circa 30.000 euro l’anno; adesso, invece, sembra esserci una strategia più frammentata e questo è un problema serio sul quale la politica deve interrogarsi. Per quanto mi riguarda, l’ambito turistico ha un senso soltanto se portato avanti con una strategia condivisa, altrimenti si rischia di fare dei passi indietro che non possiamo permetterci. Non vorrei, in tal senso, che l’assenza del comune di Poppi presso la fiera turistica TTG tenutasi a Rimini di recente, sia il frutto del taglio praticato alle risorse per il turismo. Mi sembra piuttosto grave che dei tanti ambiti turistici regionali, il nostro fosse tra i pochi a essere assente».
A proposito degli ambiti: può spiegare ai nostri lettori in cosa consistano e dirci qualcosa anche rispetto alla nuova legge regionale che dovrebbe ampliarne il ruolo? «Per ambito turistico s’intende una zona che la Regione Toscana ha riconosciuto come omogenea dal punto di vista turistico. In parole semplici, questo significa che tutti i comuni del Casentino si siedono intorno a un tavolo e prendono decisioni condivise rispetto alle politiche turistiche da attuare, ovviamente con l’aiuto economico della Regione. Rispetto, invece, alla seconda domanda, l’iter legislativo sta proseguendo ed è confermato che gli ambiti turistici avranno un nuovo e più importante ruolo. Oltre alla creazione dell’offerta turistica, infatti, deterranno compiti anche in materia di statistica e questo dovrebbe tradursi non soltanto in risorse stabili in bilancio ma anche favorire la nascita di uffici ad hoc che seguano costantemente le funzioni dell’ambito. Ovviamente, non per essere ripetitivi, ma tutto ciò prevede sempre che alla base vi sia una certa unità tra i comuni che ne fanno parte, altrimenti questo ruolo si rischia di perderlo».
Come amministratori, quali progetti avevate intrapreso negli anni scorsi per incentivare il turismo e quali sperate possano continuare ad essere portati avanti? «Innanzitutto c’è da dire che quando siamo stati eletti per amministrare il comune di Poppi, l’ambito turistico ancora non esisteva. In realtà, nel 2014-2015, sul piano turistico non vi era neanche una vera e propria politica condivisa. Anzi, all’epoca si era sfaldato da poco il consorzio e la svolta è arrivata proprio attraverso la legge regionale che istituiva gli ambiti turistici. Fin dall’inizio, quando il comune capofila era quello di Pratovecchio-Stia, e ancor più dopo, quando lo è diventato quello di Poppi, abbiamo partecipato a dei bandi regionali che ci hanno consentito di portare avanti due progetti in particolare. Grazie a quest’ultimi sono stati realizzati dei pacchetti turistici del Casentino nei quali si è delineata una strategia unica che coinvolgesse gli operatori del settore, puntasse sull’ambiente, sull’outdoor, la cultura, il cibo e un turismo sempre più sostenibile e di qualità. Per quanto concerne i progetti futuri, quindi, l’obiettivo era di proseguire su questa linea cercando di perseguire quell’ampliamento dell’ambito turistico di cui parlavamo pocanzi. Tutto questo, ovviamente, senza trascurare l’aspetto promozionale legato alle fiere turistiche più importanti, come la BIT di Milano e la TTG di cui prima. Appuntamenti, questi, a mio avviso irrinunciabili se il Casentino intende continuare il percorso di crescita turistica intrapreso negli anni scorsi. Pertanto, nonostante le prime avvisaglie lasciano presagire tutt’altro, l’augurio è che si cerchi di continuare sulla strada da noi intrapresa a suo tempo».
Rispetto a Poppi so che ci teneva a sottolineare il calo di incassi che si è registrato al termine di quest’estate per quanto concerne il castello. Come se lo spiega? «Penso sia un dato che debba far riflettere, dal momento che le presenze continuano a crescere ma gli introiti sono diminuiti in maniera alquanto evidente. L’anno scorso, anche grazie alla mostra del ‘Michelangelo rapito’, al 31 agosto si era incassato poco più di 186.252 euro contro i 170.312 di quest’anno, per una flessione pari all’8,51%. Con questo non voglio dire che gli amministratori attuali dovessero riproporre necessariamente una manifestazione del genere, tra l’altro avendo avuto poco tempo in quanto eletti da poco, ma è indubbio che l’organizzazione di eventi di un certo prestigio sono essenziali se si vuole continuare nel solco della crescita turistica della nostra cittadina. E dal momento che Poppi ha la fortuna e l’onore di ospitare quello che probabilmente è il monumento più rappresentativo di tutto il Casentino, qualcosa andava pur fatto».
Al netto di alcune défaillance come quelle appena citate e nonostante le difficoltà legate ai trasporti e alla viabilità, il Casentino si conferma comunque una meta turistica ambita. Cosa si può e si deve fare, invece, per migliorarne l’accessibilità? «Approfitto di questa domanda per ricordare che uno degli obiettivi che si era prefissata l’amministrazione di cui facevo parte, era quello di incentivare ulteriormente il trasporto turistico perché una delle mancanze del Casentino è legata proprio alla mobilità in questione. Va bene il turismo lento dei camminatori, il creare una rete ciclabile che consenta ai bikers e non solo di godere appieno delle bellezze del territorio ma anche il turista più intraprendente, nel momento in cui ha bisogno di spostarsi sul territorio, deve essere supportato da un servizio pubblico che costituisca una valida alternativa all’automobile. Ecco perché, tra i nostri tanti progetti, c’era quello della creazione di una rete debole del trasporto locale, gestita dall’Unione dei Comuni per sopperire ai trasporti di Regione Toscana, che potesse favorire questo tipo di mobilità. Altro grosso problema è quello legato alla tassa di soggiorno. Attualmente nessun comune della vallata ne è provvista e questo comporta un mancato introito di non poco conto. Se facciamo una stima su un potenziale di 220.000 pernottamenti, anche con una tassa irrisoria di soli 50 centesimi a testa, in un anno si avrebbe un’entrata pari a 100.000 euro. Risorse, queste, che potrebbero essere reinvestite, in accordo con gli operatori del settore, nella manutenzione dei nostri beni culturali, nel loro recupero, nel sostenere le strutture ricettive e in tutte le altre politiche a sostegno dell’ambito».
Essendo di Badia Prataglia in pochi conoscono meglio di lei quella che per anni è stata una delle località più frequentate del Casentino. Cosa pensa si possa fare per incrementare il turismo in quell’area? «È innegabile che rispetto al passato non vi siano più i numeri di una volta ma, nonostante tutto, se uno fa la proporzione tra abitanti e alberghi, Badia continua probabilmente ad avere il più alto numero di posti letto per abitante di tutto il Casentino. Tuttavia, bisogna uscire dal cliché del paese per come lo conoscevamo negli Anni ‘60-‘70, dal momento che quel tipo di turismo non esiste più e probabilmente non tornerà più a esserci. Difficile che qualcuno oggi venga qui per un mese, come accadeva un tempo, soltanto per godere dell’aria buona dei boschi circostanti. La foresta, però, rappresenta ancora una risorsa importante considerato che ha assunto il rango di patrimonio dell’umanità e difatti, insieme alle tante iniziative che l’hanno coinvolta in questi ultimi anni, ha aiutato a riportare in paese tanta gente. A differenza del passato, Badia, come del resto direi un po’ tutto il Casentino, sta finalmente vivendo di un turismo che non è più soltanto estivo ma anche primaverile e autunnale: basti pensare al movimento legato al foliage o a quello degli sport all’aperto. A tal proposito non possiamo non citare il mondiale di Trail che si è tenuto a Badia nel 2017 e ha avuto non soltanto il merito di portare nuovi turisti nel borgo ma anche di aprire la vallata a uno sport che fino ad allora non era conosciuto. Se oggi giorno semplici cittadini, sportivi e turisti vengono nei boschi a camminare lungo i sentieri dove si sono allenati i campioni del mondo, lo si deve anche alla manifestazione che si è tenuta a suo tempo».
C’è un comune del Casentino che, secondo lei, è stato finora un po’ sottovalutato? Quale meriterebbe di essere ulteriormente valorizzato? «Per quello che competeva direttamente all’ambito turistico, credo che in questi anni ci si sia mossi nel migliore dei modi affinché nessuna delle nostre realtà venisse messa in secondo piano ma se proprio dovessi indicare una località per la quale si poteva fare di più, mi viene in mente Rassina con la vicina Pieve di Socana o Talla che, essendo la città natale di Guido Monaco, probabilmente meriterebbe una maggiore considerazione. Cito queste due ma probabilmente potrei menzionare anche altre piccole realtà meno conosciute che hanno sul loro territorio delle vere e proprie perle. Ovvio, però, che nessuna di queste può farcela da sola. Se si vuole continuare sulla strada dello sviluppo è indispensabile ritrovare quell’unità di intenti che, ad oggi, sembra essere stata leggermente accantonata».