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martedì, 29 Aprile 2025

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Un chiostro aperto sulla vita

di Anselmo Fantoni – La costruzione del Monastero della Madonna della neve di Pratovecchio è terminata. Un nuovo luogo di fede nella terra di Santa Maria, La Verna e Camaldoli. Da sempre l’uomo ha voluto cimentarsi verso opere impegnative, la nostra cultura occidentale è nata, dopo la disgregazione dell’impero romano, proprio dai monasteri e si è offerta al mondo mediante le cattedrali. Sarà un caso che la Sagrada Familla da oltre un secolo è in costruzione? No. L’uomo vive con vicende alterne, proiettato verso l’infinito, ma come sempre cerca di catturare, costringere, ciò che non è materiale racchiudendolo nelle opere del suo ingegno.
Non così nasce il Monastero della Madonna della Neve di Pratovecchio, anche se il fatto di per sé è di grande importanza culturale, storica e religiosa. Avevo sempre letto nei libri di storia, ma anche in alcuni romanzi, il fascino della costruzione di un monastero, su cui inevitabilmente nello scorrere del tempo si stratificavano intrighi e aneddoti che davano origine a leggende e storie appassionanti.
Ritrovarsi, in un epoca materialista, a seguire la costruzione di un monastero nella terra di Santa Maria del Sasso, La Verna e Camaldoli è stato motivo di riflessione e rivalutazione di alcuni concetti che sembravano essere perduti per sempre. L’aspetto architettonico ed economico è stimolante in quanto nasce dalla necessità di avere uno strumento moderno e funzionale al carisma delle Monache Domenicane. In effetti la nuova struttura dà un senso nuovo e al tempo stesso antico, alla figura delle “monache nuove”, come affettuosamente le chiamano in paese.
Accogliente e discreta, nasconde, sapientemente celato dal progetto architettonico, la sua maestosità, tanto che sembra essere sempre stato lì, questo grazie alla grande dedizione dell’Arch. Pier Massimo Morrone che ha tradotto in forma plastica le necessità della vita di una comunità che dovrà conciliare l’ascesi della preghiera col lavoro e l’ospitalità, cosa veramente ardua ma magistralmente portata a termine grazie non solo alle doti professionali del tecnico, quanto da un ascolto delle necessità ed un approccio sicuramente guidato dalla fede. All’interno il Monastero è semplice, funzionale, accogliente e sembra che sia stato dotato anche di un’anima, ti avvolge l’ordine e la razionalità, la modernità e i materiali classici si compenetrano e ti fanno sentire a casa, certo non ci sono il fascino e la storia del vecchio Monastero, ma la mia impressione è stata di un luogo in cui ti senti coccolato, quasi accarezzato.
La Chiesa crea un’atmosfera suggestiva e il soffitto in legno, sintesi tra modernità e forme classiche ti affascina con una leggerezza che non ti fa percepire la grandezza dello spazio. Struggente la vetrata dell’abside che in qualche modo ricopia il panorama retrostante ma filtrandolo alla luce del mistero e della fede. Tutto lo sforzo sopportato dalla comunità poteva non essere profuso a Pratovecchio, la scelta di erigere, anche se fuori dalle mura paesane, un Monastero nel territorio dimostra quanto attaccato sia l’Ordine domenicano a questa nostra terra. Ma poi, in fondo, quanti pratovecchini hanno lasciato il centro del paese per trasferirsi sulle colline limitrofe, non per questo perdendo l’attaccamento e l’amore per il paese natio. Nel parlatorio ho incontrato delle persone gioiose e soddisfatte, contente di aver portato a termine un’opera importante che potrà essere, con l’aiuto di tutti, un centro propulsivo sia dal punto di vista religioso ma anche dal punto di vista culturale e perché no, economico.
Stupisce la modernità e l’apertura verso il mondo di chi ha deciso di donare tutta se stessa a un ideale promettendo ad esso fedeltà eterna, ora le strutture senza più barriere architettoniche, autosufficienti dal punto di vista energetico, non solo per una sostenibilità economica ma anche per un’attenzione all’ambiente, diventeranno uno strumento importante per la mission delle Monache: la predicazione della Buona Novella. Racconta l’Architetto Pier Massimo Morrone che durante la costruzione le maestranze si sono comportate con grande attenzione ai particolari, non che in altri cantieri non fossero attenti ma che la costruzione di un edificio non comune rendeva l’aria del cantiere un po’ più emozionante rispetto alla costruzione normale di una casa o un blocco di appartamenti.
Tutti hanno ammesso di essere stati orgogliosi di aver lavorato al progetto e tanti artigiani hanno chiesto, e in gran parte ricevuto, l’onore di essere fornitori di qualcosa, e non solo per una superficiale questione economica. Conoscere e frequentare le monache domenicane in qualche modo ti mette di buon umore, sarà per la loro allegria e spumeggiante approccio ai problemi e alle persone, sarà il rispetto che ho sempre avuto per le persone che sanno impegnarsi totalmente, fatto sta che mi sono avvicinato al mondo della “clausura” ed ho scoperto una comunità viva e gioiosa, tanto che il loro chiostro non è racchiuso da costruzioni ma di fatto è aperto in un abbraccio simulato verso il mondo, verso la vita, un po’ come il colonnato del Bernini a San Pietro, più sobrio ma comunque tranquilizzante.
Non è di secondaria importanza l’accoglienza, qui infatti il pellegrino troverà sempre una porta aperta, sia per un breve ristoro che per un’esperienza introspettiva di qualche giorno. Così come nel medioevo intorno ai luoghi che hanno incubato la nostra cultura, il nuovo Monastero di Pratovecchio può essere un’opportunità di crescita per tutta la valle, sta a noi coglierne l’occasione, loro, le Monache “nuove” sono già pronte per guidarci con la loro spumeggiante fede in un cammino interessante.
Una sola avvertenza, assumerle con moderazione, sono veramente coinvolgenti. Provare per “credere”.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 288 | Novembre 2017)

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