di Sefora Giovannetti – Sono stata invitata ad un incontro con alcuni educatori della scuola Waldorf. La scuola Waldorf si basa sulla pedagogia di Rudolf Steiner, la quale a sua volta si basa sul pensiero antroposofico. Tale pedagogia si diffuse prima in Germania, poi in Svizzera, in utlimo in Europa e poi in tutto il mondo.
Sono sempre stata diffidente verso chi si trincera dietro una sigla o un marchio, ancor più se la materia del contendere è l’educazione. Per cui ho presenziato senza particolare trasporto emotivo. I due hanno iniziato l’incontro con una riflessione originale: ci avvertivano che chiunque fosse rimasto fino alla fine si sarebbe irrimediabilmente innamorato del metodo Steiner. Ho accettato la sfida. Il maestro ha iniziato con una domanda: l’educazione della scuola Waldorf è una moda? Un meteorite che transita velocemente? No, poiché sono anni che viene praticata a livello globale. Alla base della pedagogia sta una concezione ben più ampia che non considera solo la scienza del sensibile, o materica. La filosofia che sta a fondamento è l’Antroposofia divisa in biodinamica, medica, pedagogica. Quest’ultima, ha come fulcro, il bambino, il cui sviluppo viene diviso in settenari: da 0-7-14-21. In tutte le fasi di crescita la materia insegnata deve interagire con lo spirito. Prendiamo la prima fascia, quella che va da 0 a 7 anni, in ogni fase di crescita dobbiamo osservare il bambino da tutti i punti di vista, in primis quello fisiologico. Da 0-7 il tronco dei bimbi si sviluppa in modo esponenziale ed è in questo, il tronco, che si sviluppano le forze plastiche, tra cui il ritmo.
Oggi nella nostra società, a livello pedagogico, il ritmo non si trova nei primi posti. Nelle giornate dei ragazzi c’è poco ritmo, i giorni tendono ad essere sempre diversi. In più si cerca di precocizzare il rapporto con i bimbi. Si fanno molte domande ai ragazzi anche in età infantile, cosa vuoi da mangiare? Come ti vuoi vestire? Dove vuoi andare in vacanza? Questi sono quesiti eccessivi che disorientano il bimbo e lo appesantiscono di responsabilità che dovrebbero accollarsi gli adulti.
Tornando all’aspetto fisiologico, dopo i sei anni e mezzo, avvengono altri mutamenti nel corpo che permettono di attuare una didattica diversa. È per questo che si consiglia di non iniziare ad applicare un metodo educativo troppo precocemente. I bimbi spesso non sono pronti a determinati approcci e questo crea disagi nel piccolo discente. Ma come portare la didattica ad un bambino? La didattica smuove il sentimento dell’allievo attraverso le arti che si suddividono in “plastiche” e “musicali-recitative”. L’arte crea uno spazio emozionale nel quale, se ben si lavora, possiamo avere dei benefici persino nel periodo adolescenziale. Difatti nel periodo dell’adolescenza, quando la comunicazione diventa più difficile, talvolta nei ragazzi riemergono emozioni del passato, dell’infanzia, queste emozioni facilitano la comprensione di alcune situazioni e inducono il ragazzo a fare un passo indietro nel caso in cui abbia risposto male o si sia comportato in modo non corretto.
Nella didattica di prima elementare, purtroppo, nelle scuole non è granchè presente l’elemento emozionale, o meglio lo dovrebbe essere ancora di più. Per esempio, come insegnare a leggere? Associando le lettere a delle immagini. La T diventa un tavolo, la V una valle ecc… e poi la lettura non deve essere insegnata da subito, non ci deve essere una gara a chi legge prima, la lettura è una abilità complessa che deve sgorgare in modo spontaneo, solo allora vedremo lettori appassionati. L’interazione con il bambino deve essere umana, non dobbiamo prefiggerci degli obiettivi e cercare di raggiungerli a prescindere dai bimbi, tutto deve essere costruito intorno ad essi. Inoltre, fondamentale, la pedagogia deve andare, in primis, a compensare le carenze.
Ma torniamo alla didattica e a fare alcuni esempi; se si prendono le tabelline che dalla maggior parte dei ragazzi sono vissute come un incubo, noi cerchiamo di renderle “divertenti” e quindi le insegnamo danzando, cantando, insomma diffondendo gioia. Creiamo buffi personaggi: Divisino Giustino, Sottraino tristotto e a questi diamo un carattere come dei veri e propri personaggi. Insomma associamo agli elementi della matematica i quattro temperamenti aristotelici.
L’incontro è durato ancora per molto, sono stati presi in esame svariati temi, per cui oggi potrei scrivere non un solo articolo ma un intero fascicoletto. Di sicuro posso dire con certezza che il maestro che ha introdotto l’incontro ha vinto la sfida.