di Francesco Benucci – È già iniziato il percorso che porterà, come ogni anno, al Natale e l’iter che ci aspetta, al netto del cammino individuale di ciascuno, si dipana in un periodo, sotto vari aspetti, caratterizzato da problematiche e preoccupazioni. Cosa attenderci allora dalla suddetta celebrazione? Come avvicinarsi ad essa?
Abbiamo posto questi interrogativi, insieme ad altri che in parte esulano dal tema “principale” (e in parte lo toccano comunque, pur da prospettive meno dirette), a Stefano Manetti, vescovo della diocesi di Fiesole, dal 21 aprile 2022. Dalle sue parole emerge, in particolare, l’importanza degli uomini di buona volontà, chiamati ad illuminare le azioni, proprie e altrui, dando vita a un circuito virtuoso di generosità, solerzia, empatia, fede e speranza.
Può condividere con i lettori di CASENTINO2000 le sue riflessioni, i suoi pensieri, sul prossimo Natale, in un tempo che spesso appare complicato e difficile? «Il Natale ci attende per farci udire, come ogni anno, l’annuncio che accese di luci quella notte: «Gloria a Dio nell’alto dei celi e pace in terra agli uomini di buona volontà». Ne abbiamo bisogno per non smarrirci nella nostra notte, mentre le nubi nere dell’odio e dell’individualismo oscurano il sole della pace che in terra, ci viene detto, la si trova nella buona volontà degli uomini. Anche la nascita di Gesù fu segnata dalle tenebre del male: la strage dei bambini di Betlemme eclissò lo splendore della luce angelica e sprofondò la terra in un abisso oscuro, Gesù dovette fuggire nella notte e la Sacra Famiglia fu esule in Egitto per non poco tempo. Dove dunque cercare i segni di speranza per non soccombere allo scoraggiamento o al pessimismo?
Il Natale ci guida nel cercare una risposta, mostrandoci il movimento creatosi intorno al Bambino che è nato: i pastori, poveri e di un peso sociale vicino allo zero, nella notte si dirigono alla mangiatoia fidandosi delle parole dell’angelo; Giuseppe nel suo silenzio protegge il bambino e sua madre prima dal freddo e poi dalla strage; i misteriosi Magi giungono da terre lontane a prostrarsi davanti a una famiglia povera e sconosciuta, provando una grandissima gioia. Il Natale ci invita a riconoscere anche oggi in questo mondo, il movimento verso il bene compiuto dagli uomini di buona volontà. Facendoci attenzione, possiamo accorgerci della crescita nell’amore nelle persone che conosciamo, cominciando dalle più prossime, nel nostro coniuge, per esempio, e nei nostri figli.
Come anche nei nostri vicini, nel nostro nucleo urbano, crescita non eclatante ma fatta di tanti piccoli passi, delle azioni del vivere quotidiano: l’onestà nel lavoro, il rispetto nei rapporti interpersonali, l’attenzione ai bisogni dell’altro, il donare il proprio tempo per consolare chi soffre la solitudine, non cedere all’individualismo che ci vorrebbe relegati ciascuno nel proprio comodo, coltivare la passione per la vita comunitaria, partecipare agli incontri e alle iniziative che ci fanno sentire un popolo unito. I tanti atti di buona volontà, nascosti nel tran tran quotidiano, ma benedetti dal canto degli angeli nella notte di Natale, costituiscono senza dubbio segni di speranza. La crescita che ciascuno fa verso il bene e il dono della grazia di Dio che ci è data per mezzo di Gesù, ci permettono di sperare un mondo migliore, pur in una lotta incessante, perché, per quanto possa sembrare inverosimile, il bene, anche se piccolo, è sempre più grande e molto più potente del male, e alla fine vince. Il mondo migliore è fatto degli eroi del quotidiano, invisibili, ignoti, ma determinanti. Il Natale viene ancora a ricordarci che nell’ordinario si cela sempre lo straordinario. Non sottovalutiamo i nostri atti quotidiani: servono al bene di tutti e costruiscono la pace futura.
Cosa vede nel futuro della Chiesa e della fede in generale? Quali difficoltà, quali soluzioni, quale «ruolo» per la religione? «Grazie della domanda perché ho dedicato una riflessione su questo tema nella lettera pastorale pubblicata il 6 luglio, La gioia di essere Chiesa, raccogliendo le testimonianze del popolo di Dio nei gruppi sinodali della nostra diocesi. Una difficoltà comunemente percepita viene dalla constatazione di un lento eclissarsi della fede vissuta nelle nostre parrocchie. In realtà ora è il momento di pensare alla qualità delle nostre comunità parrocchiali più che alla quantità dei membri che le compongono. “Anche se piccole – si legge nella lettera – le nostre comunità hanno un potenziale immenso. Perciò non ci stanchiamo mai di dare forma a comunità accoglienti, in cui tutti gli emarginati trovino la loro casa, a concrete esperienze di comunione che con la forza ardente dell’amore (“vedi come si amano tra loro?”) attirino lo sguardo dell’umanità contemporanea. La bellezza della fede deve risplendere in particolare nell’Eucarestia domenicale. Sta a noi oggi rendere concretamente accessibili esperienze di Chiesa, moltiplicare i pozzi a cui invitare gli uomini e le donne assetati per far loro incontrare Gesù ed offrire oasi nei deserti della vita”».
Quali sono i suoi ricordi, il suo legame, i suoi pensieri sul Casentino? «Ho conosciuto il Casentino in giovane età per via dei viaggi che facevo per raggiungere La Verna, luogo in cui si è formata la mia spiritualità. Ciò ha determinato in me un collegamento tra la pace dello spirito e il territorio casentinese. Quando vengo in Casentino sento istintivamente quella pace. Come vescovo poi ho potuto conoscere più da vicino il “carisma” di questa terra: per me è impregnata di spiritualità, il solo starci fa respirare l’anima. Questo spiega anche l’indole dei suoi abitanti e delle comunità che ho conosciuto, segnata da un orientamento verso una devozione autentica, diversa dal devozionismo superficiale ma che invece “sente” il trascendente nascosto nella realtà e si esprime in pratiche tradizionali e semplici, eppure profonde».
Quali iniziative in particolare caratterizzeranno il futuro della diocesi? «Il cammino della nostra chiesa diocesana sta attraversando attualmente tre tappe fondamentali: il Sinodo, il Giubileo e il millennio della Cattedrale. Il Sinodo della Chiesa universale si è concluso il 27 ottobre, ma le diocesi italiane lo protrarranno fino al giugno prossimo. Recepiremo le indicazioni utili a rinnovare la missione evangelizzatrice che ci è stata assegnata dal Nostro Signore. Il Giubileo inizierà per la nostra diocesi il 29 dicembre, con la solenne celebrazione in cattedrale nel pomeriggio, a Fiesole. Vuole essere un anno di grazia per unirci ancora di più fra di noi. Il Millennio della cattedrale (1028-2028) sarà un momento per rendere grazie a Dio di averci chiamati a formare la Sua Chiesa e per averci donato tanti grandi testimoni della fede e della carità in questi 1000 anni».
Quale idea di fede ha guidato, guida e guiderà la sua azione da vescovo? «“Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15), questo è il comando che ho ricevuto dal Signore e il mio agire segue con fede questa Parola. La Chiesa esiste per evangelizzare e anche il vescovo c’è per questo. Il vescovo però non agisce da solo ma associa in questa missione tutta la Chiesa che il Signore (il quale ha detto “Andate” e non “Vai”) gli ha affidato. Cercheremo pertanto di crescere come “discepoli missionari” (così chiama i cristiani Papa Francesco), fedeli laici, cioè, consapevoli di essere missionari nella misura in cui sperimentano concretamente l’amore di Cristo che “spinge”!»